di Gioia Fragiotta - Il principio sancito dalla Cassazione nella recentissima sentenza n. 37980/2016 (qui sotto allegata) è che, se non vi è nesso causale con l'autore dell'illecito principale, al soggetto non può attribuirsi il reato di procurata inosservanza di pena.
Il caso di specie concerne il mancato rientro nella casa circondariale di un soggetto condannato e recluso, dopo aver fruito di un permesso di sette giorni. A seguito di quanto stabilito dal Tribunale di Chieti, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul comportamento della moglie del soggetto latitante. Infatti la donna era stata accusata e condannata per procurata inosservanza di pena ai sensi dell'art. 385 c.p.La donna in base ad un verbale predisposto dal Magistrato di sorveglianza, risultava essere affidataria del marito in carcere.
La corte pone l'accento sul fatto che detta decisione non trattava della condotta tenuta dalla donna, mentre risultava circoscritta al fatto che i coniugi non avrebbero fatto ritorno nella struttura alberghiera ove il reo era tenuto a trascorrere il periodo indicato nel permesso.
Per gli Ermellini, dunque, non si ravvisa responsabilità alcuna da attribuire alla moglie del latitante. Ciò in mancanza di elementi dai quali desumere una qualsiasi responsabilità rispetto al reato contestatole dal giudice di merito. Infatti, per la Corte, la sottoscrizione del verbale di affidamento non ha comportato l'attribuzione di responsabilità in capo alla donna, in quanto prescindeva da ogni valutazione in ordine ad eventuali aiuti prestati dalla stessa al marito per favorirne l'evasione.
Così si annulla la sentenza di merito nei confronti della moglie ritenuta non colpevole, al contrario del marito, ritenuto colpevole, che si è visto dichiarare inammissibile il ricorso.
Cassazione, sentenza n. 37980/2016