Intervista al pm anti-ndrangheta, da poco promosso procuratore a Catanzaro, che entra a gamba tesa sull'impellente necessità di riforma della giustizia penale

di Gabriella Lax - Aveva invitato più volte il premier Renzi a discutere dei grandi problemi della giustizia, per aprire un dialogo con i magistrati in appositi incontri. Lui stesso in prima persona si era occupato di un disegno di legge sulla riforma in materia penale. E proprio su questo tema ritorna Nicola Gratteri, magistrato della Dda, in prima linea contro le mafie, saggista, già presidente della Commissione nazionale per la revisione della normativa antimafia. 

Dopo aver lasciato Reggio Calabria, dallo scorso aprile è procuratore della Repubblica di Catanzaro. 

A cosa dovrebbe essere indirizzata una riforma in materia penale oggi, dal suo punto di vista?

"Senza dubbio a dare efficienza al sistema: eliminare le attività inutili e compiere le attività utili con il minor spreco possibile di energie".

Come vede l'aver messo insieme nella riforma in arrivo i due ddl riguardanti processo penale e prescrizione?

"Da un certo punto di vista è sicuramente positivo, perché evidenzia la volontà politica di fare veramente le riforme, di accelerare i tempi. Erano mesi che tutto taceva. Non posso che essere contento allora. Le riforme sono improcrastinabili, non possiamo continuare a tergiversare.

Inoltre la prescrizione è un tema che accende gli animi, ridesta quindi gli interessi di tutti. Mi immagino, e mi auguro soprattutto, che così si discuta a fondo di tutti i temi inseriti nel disegno di legge. Perché alcuni, dal mio punto di vista, richiederebbero qualche emendamento significativo. 

Non solo quello della prescrizione - che io credo debba essere risolto definitivamente non con una diversa modulazione dei termini prescrizionali, ma con la sua definitiva cessazione con la sentenza di primo grado - ma anche con altri ritocchi.

Penso alle sanzioni previste per il voto di scambio elettorale mafioso, che a mio giudizio si dovrebbero parificare all'associazione mafiosa. E' tanto diversa, secondo lei, la gravità dei due reati?

Penso al contenuto della delega per le intercettazioni, che potrebbe indicare anche altri settori nevralgici di intervento, come la sua revisione alla luce delle nuove tecnologie. L'attività di registrazione oggi è compiuta con delle tecniche talmente diverse dal passato, che l'attuale assetto normativo risulta vetusto. Ma non solo, abbiamo anche dei nuovi strumenti a disposizione: perché non sfruttarli, regolandoli normativamente. Pensi alle videoriprese o alla possibilità di usare come registratore un telefonino o un p.c.

Penso ancora alla disciplina dell'assunzione delle prove, che potrebbe anche prevedere il divieto di riascoltare tutti i testimoni, se un giudice cambia perché, per esempio, è trasferito ad altra sede. Non crede che se un testimone non ha rilasciato dichiarazioni particolarmente controvertibili, ci si possa limitare a leggere il verbale e a rivedere la videoripresa della sua testimonianza?"

Potrebbero a suo avviso essere fatti passi avanti con la riforma sul tema corruzione che poi è stato il nodo che ha bloccato i lavori per tanto tempo?

"Dal mio punto di vista la disciplina della corruzione dovrebbe essere in blocco rivista, insieme a tutti i reati contro la pubblica amministrazione. Il disegno di legge si limita invece a prolungare i termini di prescrizione per tre figure di corruzione, secondo una logica che non ha più senso: regole speciali per singoli reati, senza una visione d'insieme, sistematica. Oltretutto, lasciando inalterati i termini di prescrizione per reati analoghi, come ad esempio la concussione o l'induzione indebita. Oggi conosciamo meglio le dinamiche distorsive degli interessi della pubblica amministrazione, dovremmo allora rifondare il sistema, con più consapevolezza. Pensi solo alla necessità di profilare con più aderenza alla realtà la scala di gravità dei vari reati. Secondo lei è più grave per un pubblico funzionario adottare un singolo atto contrario ai doveri d'ufficio in cambio di denaro, concedendo, per esempio, un permesso storico a chi non ha titolo o essere messo a libro paga da un privato stabilmente per mesi, per anni? L'attuale assetto normativo non si fa carico nemmeno di questo".

Quali erano i punti cardine del ddl per il quale lei in prima persona si era impegnato lo scorso anno?

"Il punto cardine di fondo era uno solo: dare efficienza al processo, permettere di fare i processi. Intorno a questo obiettivo giravano tutti i vari aspetti: l'applicazione della tecnologia al processo, la revisione della prescrizione; la semplificazione delle impugnazioni, l'aumento del ricorso ai riti premiali e molto altro ancora. 

Una seria lotta alla criminalità richiede prima di tutto uffici giudiziari efficienti ed un processo penale garantito ed effettivo".

La sua idea sull'attuale sistema penale? Verso dove si sta andando?

"La mia idea è che si è un po' smarrito il senso del sistema penale. Lei stessa parla di sistema. Ma oggi vi è una disarticolazione, non vi sono visioni d'insieme. Per questo credo che oggi ci sia bisogno di parlare a fondo di questi temi, le idee devono circolare, affinché si recuperi una consapevolezza di ciò che bisogna fare, che secondo me è molto semplice: conformare le fattispecie alle nuove realtà criminali, costruire un processo che sia in grado di funzionare così che la collettività senta che se ha bisogno di aiuto, per le piccole e grandi offese, può rivolgersi alla giustizia perché lì troverà risposte certe e veloci".


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