Il tecnicismo del quesito referendario che metterà in crisi gli italiani

di Roberto Cataldi - Fra qualche giorno saremo tutti chiamati ad esprimerci in merito alle concessioni governative che disciplinano l'estrazione di gas e petrolio nelle acque italiane entro 12 miglia dalla costa.

La data è oramai vicina: il 17 aprile! Ma siamo sicuri che tutti gli italiani abbiamo ben compreso come votare o meglio come fare in modo che il proprio voto corrisponda realmente alle proprie idee?

Si susseguono in tv dibattiti fra tra favorevoli o contrari all'abrogazione di una norma che consentirebbe una proroga alle trivelle di estrarre il greggio fino all'esaurimento delle scorte.

Ma veniamo al punto.

Proviamo a leggere il quesito referendario calandoci nei panni di chi non ha dimestichezza con le norme di legge. Ecco il testo:

"Volete voi che sia abrogato l'art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, 'Norme in materia ambientale', come sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 'Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)', limitatamente alle seguenti parole: 'per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale'?".

Se non si ha a disposizione un consulente legale una povera vecchietta (e non solo lei) rischia davvero di lasciarsi prendere da una crisi di nervi.

Non voglio entrare nel merito al dibattito in corso, ma spostare l'attenzione proprio su questo: come è possibile che in Italia non si possa formulare a tutti i cittadini una domanda scritta in un italiano comprensibile a tutti?

Personalmente nutro qualche perplessità sul fatto che tutti coloro che andranno al voto avranno davvero le idee chiare su cosa significa votare sì e su cosa significa invece votare no!

Ci voleva tanto a formulare un quesito alla portata di tutti?

Ma si sa: la semplicità non è una prerogativa del mondo politico e del potere legislativo.

Magari sappiamo bene di essere contrari o favorevoli alle trivelle e qualche idea ce la siamo fatta prima di recarci al voto maturandola da quelle poche informazioni attinte dai mass-media mentre siamo davanti a un piatto di spaghetti e a un buon bicchiere di vino.

Insomma ognuno di noi ha le idee chiare su cosa intende votare ma messi di fronte al testo del quesito referendario chi, non essendo avvocato, non avrà qualche dubbio "interpretativo"?

Aveva ragione il compositore statunitense Peter Seeger quando affermava che "Qualsiasi sciocco può fare qualcosa di complesso; ci vuole un genio per fare qualcosa di semplice."

Ora non voglio dire che abbiamo bisogno di una classe politica di geni ma quanto meno dovremmo auspicare che chi ci governa si sforzi almeno un pochino di rendere le cose più semplici e comprensibili a tutti i cittadini.

E' preoccupante l'eccessivo tecnicismo espresso nel testo di un quesito referendario che si rivolge all'intero popolo italiano, a un popolo fatto anche di persone semplici, di persone che non hanno un elevato livello di istruzione, di persone che però hanno le proprie idee e che vorrebbero poterle esprimere e che soprattutto vorrebbero si facessero loro domande comprensibili e non così contorte come accaduto anche in passato.

Ciò che più preoccupa è che può mancare l'effettiva consapevolezza del cittadino chiamato a esprimere il proprio voto: un quesito che ingenera confusione attraverso un linguaggio contorto e troppo tecnico rischia di minare la libertà di scelta e la libertà di voto.

Perchè mai un italiano deve avere dei "mediatori" per farsi spiegare un enunciato criptico come si presenta quello del quesito referendario? Non è questa già di per sé una mancanza di libertà?

Non nascondo che spesso si ha l'impressione che dietro all'uso di un linguaggio troppo tecnico ci sia un volontà di ingannare. Anche in passato i quesiti referendari hanno generato fraintendimenti e, non solo, con il tempo si sono rivelati veri e propri raggiri.

Già solo per il fatto di essere abrogativi, il cittadino è costretto ad esprimersi con un "sì" per dire "no".

Oggi, se non voglio le trivelle in mare sono portato a pensare di dover votare no per dire il mio no alle trivelle mentre in realtà se voto no sto dicendo si alle trivelle perché sto dicendo no all'abrogazione della norma che proroga le licenze per l'estrazione del greggio. Eppure tutto potrebbe essere molto semplice se a questo mondo se non ci fossero persone che insistono nel voler complicare le cose.

Oltre ad aver a che fare con un enunciato poco chiaro e ad una espressione di voto che inverte nell'intenzione affermazione e negazione, il popolo, con la propria decisione, può anche essere facilmente messo da parte.

L'indicazione espressa durante il voto referendario, infatti, abroga una legge, ma non vieta, di fatto, che possa esserne promulgata una del tutto simile.


Qualche esempio?

Chi non ricorda il referendum sul finanziamento pubblico dei partiti: nonostante il voto espresso nel 1993, la legge 2/1997, denominata "Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici", riportò in altre vesti, ma con la medesima sostanza, il finanziamento pubblico ai partiti.

Nel 1999 fu varata una norma che reintroduceva il rimborso per le spese elettorali per i partiti che ottenevano il 4% dei voti, soglia abbassata nel 2002 all'1%.

Ciò che ha colpito molti dei votanti è che oltretutto il termine "rimborso" dovrebbe essere limitato a ciò che effettivamente un partito ha speso mentre nella realtà sappiamo tutti molto bene come sono andate e come vanno le cose.

Altri ricorderanno il "Ministero dell'agricoltura e foreste", cancellato con uno dei quesiti referendari del 1993. Bene, lo troviamo oggi con il nome di "Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali". Come chiamare questa se non un presa per i fondelli del popolo italiano?

Con il referendum si vorrebbe conferire al cittadino un potere politico che, nei fatti, viene già parzialmente negato dalla forma con cui il quesito referendario viene espresso.

Quello che mi chiedo è se dietro questo tecnicismo legislativo si nasconda la volontà di confondere le idee al popolo o se si tratti solo del fatto che ripensando a Seeger non abbiamo persone in grado di fare qualcosa di semplice.


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