Per il Tribunale di Palermo, se il titolo alla base è la sentenza di divorzio, solo la madre ha la legittimazione attiva

di Valeria Zeppilli - Con sentenza del 22 gennaio 2016 il Tribunale di Palermo si è occupato della titolarità del diritto ad agire per ottenere il versamento dell'assegno di mantenimento da parte del genitore obbligato che non vi provveda.

La sentenza affronta il caso in cui il minorenne a favore del quale l'assegno è corrisposto, una volta divenuto maggiorenne, voglia tentare egli stesso il recupero forzoso della somma.

Nel caso di specie, una ragazza che, al tempo in cui era stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra i propri genitori, era poco più di una bambina, era poi divenuta maggiorenne. A quel punto non voleva più accettare il fatto che il padre si stesse sottraendo al pagamento del contributo mensile stabilito per il suo mantenimento. Almeno dal 2009, infatti, l'uomo aveva omesso di adempiere al proprio obbligo.

Così, decide di notificare un precetto sulla base della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, per tentare di ottenere il pagamento dei circa 20mila euro non corrispostile.

Il padre si oppone, asserendo, tra le altre cose, di non aver più provveduto al pagamento dopo che la figlia si era sposata. E si apre un giudizio.

Ma il Tribunale di Palermo non entra neppure nel merito: la ragazza non ha titolo ad agire nei confronti del padre.

Nella sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, infatti, l'obbligo dell'uomo di pagare l'assegno mensile a titolo di contributo per il mantenimento della minore era stato posto a favore della madre della giovane.

A tal proposito, il giudice ha ricordato che, anche dopo l'introduzione del primo comma dell'art. 155 quinquies c.c., poi trasfuso nell'art. 337-septies c.c., è comunque riconosciuta la legittimazione del coniuge convivente ad agire nei confronti dell'altro iure proprio per chiedere il rimborso delle spese sostenute per il mantenimento del figlio e il versamento dell'assegno periodico di mantenimento, in assenza di un'autonoma richiesta da parte dell'interessato.

Il diritto al contributo, posto in capo a un genitore nei confronti dell'altro, può venire meno solo se il figlio, divenuto maggiorenne, "inizi un procedimento ordinario inteso al riconoscimento di quel diritto, in maniera tale da eclissare la legittimazione in capo al genitore convivente".

Nel caso di specie, però, poiché la ragazza, pur compiuti i 18 anni di età, non aveva mai conseguito alcun titolo esecutivo nei confronti del padre, non era neanche legittimata a far valere in via esecutiva il proprio diritto.

Solo la madre, semmai, avrebbe potuto farlo in virtù della sentenza di divorzio.

Nulla da fare, dunque: così come stanno le cose, la giovane non può ottenere quanto negatogli dal padre.

Tribunale Palermo testo sentenza 22 gennaio 2016
Valeria Zeppilli

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