Diversi i casi finiti all'attenzione dei giudici che hanno punito i goliardici molto severamente. Ecco una carrellata delle sentenze più significative

di Marina Crisafi - A carnevale ogni scherzo vale? Non è proprio vero. C'è sempre un limite. E ad evidenziarlo sono i giudici, dalle corti di merito fino a quella di Cassazione, alla cui attenzione sono finiti diversi scherzi, diciamo, non proprio apprezzati!

Quindi, attenti, anche in questi giorni, alle "vittime" prescelte per le proprie goliardie e alle modalità delle burle, perché anche un gesto con finalità innocue può sconfinare in responsabilità civili e penali.

Ecco una serie di pronunce che possono mettere in guardia da ciò che è meglio astenersi dal fare, per evitare guai con la giustizia, anche a Carnevale!

Scherzi telefonici…

Gli scherzi al telefono rappresentano senz'altro il non plus ultra delle goliardate carnevalesche e non. Ma attenzione, quelli realizzati in piena notte per farsi quattro risate tra amici possono comportare seri guai. Ne sa qualcosa un ragazzo siciliano definitivamente condannato in Cassazione per il reato di minaccia

, in quanto colpevole di aver telefonato nel cuore della notte a casa di un amico, spacciandosi per un membro di una setta satanica e sussurrando: "Morirai entro sette giorni". Per la Suprema Corte, anche se la telefonata era senz'altro da ricondursi ad una bravata di cattivo gusto, era idonea comunque ad intimidire la vittima e dunque ad integrare il reato (Cass. n. 25772/2014). Questo perché il reato di minacce non richiede l'intimidazione effettiva della persona offesa, ma soltanto che il male minacciato sia tale da incidere potenzialmente nella sfera della libertà psichica della vittima (cfr. Cass. n. 47739/2008).

… e via sms

Analogamente avviene per gli sms. Anche un singolo messaggino, infatti, magari con l'aggravante dell'orario notturno, per la giurisprudenza integra reato. Tuttavia occorrono le "prove provate". Così, un ragazzo che aveva inviato un sms offensivo in piena notte ad una ragazza, si è salvato dalle accuse di molestia.

Le motivazioni? Per la Cassazione, l'episodio isolato e il contenuto del messaggio evidenziavano che il fatto non andava oltre un semplice gioco, tipico tra ragazzi "in vena di scherzi" (cfr. Cass. n. 45560/2012).

La "zeppa" al citofono

Un'altra delle burle tipiche è quella dei seccatori di "prima mattina" (o anche notturni) che si divertono a suonare ripetutamente al citofono per poi darsela a gambe tra le risate prima di essere scoperti.

Bene, sappiate che anche questo è considerato reato!

Per la Cassazione, chi interferisce sgradevolmente nella sfera privata altrui è passibile di una condanna per molestie (art. 660 del codice penale).

E basta anche una sola condotta, che, però, deve essere connotata quale atto "petulante" dettato da fini biasimevoli in grado di arrecare un disturbo effettivo (cfr. Cass. n. 9780/2014).

I "soliti" gavettoni

Anche il classico lancio dei gavettoni può essere reato. Ne sa qualcosa un ottantenne perugino che qualche tempo fa si è visto confermare una condanna per lesioni per essersi divertito a tirare secchiate d'acqua al vicino di casa (che malauguratamente scivolava finendo all'ospedale) e anche un gruppo di giovani burloni che si dilettavano a lanciare palloncini d'acqua da una terrazza. Per i 4 ragazzi, le risate si sono presto trasformate in lacrime quando uno dei gavettoni ha centrato in pieno un passante in un occhio provocandogli gravi danni. La condanna per tutti e quattro, infatti, confermata anche dalla Cassazione, è stata di lesioni personali colpose (cfr. Cass. n. 46992/2015) (leggi: "Anche lanciare gavettoni può essere reato"). 


Palpeggiare … per scherzo

Palpeggiare le colleghe per "scherzo", invece, può non essere reato. È quanto avvenuto in questi giorni a Palermo, dove il tribunale ha assolto l'ex direttore delle Entrate 65enne dalle accuse di molestie per aver toccato due impiegate dell'ufficio. Nello specifico, l'uomo aveva dato ad una, una leggera pacca sul sedere, all'altra aveva messo il dito sul bottone della camicetta all'altezza del seno e in un'altra occasione le aveva sfiorato la zona genitale. Ma per il giudice siciliano (seconda sezione tribunale di Palermo, presidente Bruno Fasciana, estensore Annalisa Tesoriere), non è molestia sessuale. Bisogna tenere infatti conto del contesto, in quanto anche se i fatti risultano incontestati e le due vittime considerate attendibili, l'uomo va assolto da ogni accusa: quei gesti infatti, pur "inopportuni e prevaricatori" sono da considerarsi privi di connotati sessuali, ma oggettivamente dettati da intenti "scherzosi" che non procurarono all'uomo alcun appagamento in tal senso né limitarono la libertà sessuale delle due colleghe. Resta da vedere, ovviamente, cosa ne pensano le vittime (e la stessa procura) che stanno valutando se fare appello.

Smorfie e linguacce

Se fare smorfie, sberleffi e linguacce secondo l'opinione diffusa dei giudici era da considerarsi una vera e propria ingiuria e dunque un reato (cfr. Cass. n. 48306/2009), da ieri non lo è più perché con l'entrata in vigore del pacchetto depenalizzazione del Governo l'art. 594 c.p. è stato abrogato.

Certo, ciò non significa che si possa andare in giro a fare spernacchi a più non posso, pensando di farla franca. Infatti, se la "vittima", vi coglie in flagranza (ad esempio, fotografando la scena) e chiede i danni in sede civile, potreste essere condannati sia al risarcimento che ad una sanzione pecuniaria da versare direttamente allo Stato, fino a 8mila. Oltre ovviamente alle spese di giudizio.


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