Se l'imputato non si è avvalso dell'incidente probatorio e non ha inserito il minore nella lista dei testimoni, il processo non può considerarsi iniquo
di Valeria Zeppilli - La violenza sessuale su minori è di certo uno dei reati più odiosi tra quelli che il nostro ordinamento sanziona. Avverso di essa, quindi, gli strumenti di tutela e di condanna devono essere particolarmente rigidi.

Una testimonianza di tale assunto è stata recentemente offerta dalla terza sezione penale della Corte di cassazione, la quale, con la sentenza numero 1620/2016 depositata il 28 gennaio (qui sotto allegata), ha sancito che la condanna per un simile reato può legittimamente scattare anche solo sulla base della testimonianza de relato, nel caso in cui l'imputato non si sia avvalso dell'incidente probatorio e non abbia inserito il minore nella lista dei testimoni.

Nel caso di specie, ad inchiodare l'imputato era stata la nonna della minore abusata, dalla quale la piccola si era recata di corsa subito dopo l'accaduto.

I giudici, nel confermare la condanna basata solo sulla testimonianza dell'anziana signora e di una sua amica, hanno infatti ricordato che il processo non può considerarsi iniquo esclusivamente per il fatto di fondarsi solo su testimonianze de relato. Lo diventa, semmai, se l'imputato non è stato posto in condizione di esercitare il diritto all'esame del testimone diretto.

Ma nel caso di specie, l'esame della vittima dell'abuso non era stato sollecitato dall'imputato, con la conseguenza che la sua omissione non è risultata idonea a compromettere l'equilibrio delle parti né, in altro modo, l'equità del processo.

Corte di cassazione testo sentenza numero 1620/2016
Valeria Zeppilli

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