Il contatto con la famiglia in un momento drammatico rapresenta l'umanizzazione della pena e la sua funzione rieducativa

di Lucia Izzo - Legittimo il permesso concesso allo zio, detenuto e condannato all'ergastolo, per potersi unire al dolore della famiglia e "al fine di consentirgli di pregare sulla tomba del nipote", figlio del fratello, prematuramente scomparso.

La Corte di Cassazione, prima sezione penale, con sentenza n. 49898/2015 (qui sotto allegata) ribalta la decisione con cui il Magistrato di sorveglianza prima e il Tribunale di sorveglianza poi, avevano rigettato l'istanza del detenuto di poter pregare per il giovane nipote defunto insieme ai propri familiari.


I giudici ritenevano che il nipote, figlio del fratello, non potesse rientrare nella nozione normativa di membro della "famiglia in senso stretto" per i quali soltanto è legittima la concessione del premio di necessità di cui all'art. 30 O.P.

Tali permessi, chiariscono i giudici di merito, possono disporsi, tra l'altro, "eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità": stante il presupposto di eccezionalità, la nozione di "familiare" inserita in tale norma andrebbe restrittivamente interpretata riferendosi soltanto ai genitori, ai figli ed ai fratelli oltre che al coniuge


In simile contesto, la necessità di pregare sulla tomba di un familiare defunto non rientrerebbe tra gli eventi familiari di particolare gravità, "tenuto conto che nella fattispecie la domanda è stata proposta ad esequie avvenute e la preghiera è atto eminentemente intimo, validamente attuabile ovunque".


Impugnando la decisione dinnanzi alla Cassazione, il ricorrente evidenzia che la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che per "persona di famiglia", occorre fare riferimento a quelle indicate dall'art. 540 c.p., ed all'art. 307 co. 4 c.p., il quale stabilisce che per "prossimi congiunti" si intendono anche gli zii ed i nipoti.


Gli Ermellini, in accoglimento della domanda, evidenziano che non può negarsi che, ai fini della umanizzazione della pena e della sua funzione rieducativa (art. 27 Cost., co. 3), il contatto con i familiari ed il ruolo della famiglia abbia una incidenza rilevantissima e spesso addirittura decisiva.


Per la concessione del permesso di necessità, sono necessari tre elementi: il carattere eccezionale della concessione, la particolare gravità dell'evento giustificativo, la correlazione di questo con la vita familiare.


Il Collegio ritiene che la fattispecie data dal detenuto che voglia pregare sulla tomba del giovane nipote prematuramente scomparso "integri una vicenda eccezionale e cioè non usuale, particolarmente grave, giacche idonea ad incidere profondamente nella sua vicenda umana, e pertanto sul grado di umanità della detenzione, e rilevante per il suo percorso di recupero".

Se venisse, viceversa, negata siffatta opportunità, "il detenuto in tal modo si vedrebbe privato di un momento di profonda umanità, quale il sostare (poco importa se in preghiera o meno, dato questo enfatizzato illogicamente dal giudice territoriale) davanti alla tomba di un caro e vicino congiunto colpito da un destino infausto, importante per la sua rieducazione e per la sua risocializzazione".


Dalla formula letterale usata dal legislatore circa gli "eventi familiari di particolare gravità" emerge una volontà legislativa "certamente non orientata alla soffocazione interpretativa dell'istituto, viceversa voluto proprio perché, attraverso la sua sostanziale atipicità, possa trovare, con equilibrio e misura, puntuale applicazione in costanza di quelle ragioni profondamente umanitarie ispiratrici dell'istituto".


Quanto invece all'espressione "eventi familiari" di cui al secondo comma dell'art. 30 l. 26 luglio 1975, n. 254, regolatore del permesso di necessità, devono intendersi eventi riferibili ai "prossimi congiunti" nella nozione di portata generale per la legge penale descritta dall'art. 307 c.p., in quanto tale applicabile anche all'ordinamento penitenziario che nulla specifica al riguardo.


Il giudice del rinvio dovrà nuovamente valutare la vicenda alla luce dei principi esposti dalla Cassazione, tenendo presente che "rientra nella nozione di evento familiare di particolare gravità eccezionalmente idoneo, ai sensi dell'art. 30 secondo comma della l. 26 luglio 1975, n. 254, a consentire la concessione del permesso di necessità, la morte di un giovane nipote in conseguenza del quale il detenuto richieda la possibilità di unirsi al dolore familiare, in questo risolvendosi la sua espressa volontà di pregare sulla sua tomba, giacché fatto idoneo ad umanizzare la pena in espiazione ed a contribuire alla sua funzione rieducativa".

Cass., I sez. penale, sent. 49898/2015

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