Sussiste contrasto giurisprudenziale tra chi sostiene la retroattività del ristoro e l'orientamento rigoroso che esclude gli esborsi

di Lucia Izzo - Dovranno occuparsi le Sezioni Unite del conflitto sorto in giurisprudenza riguardante la questione dell'estensione o meno del risarcimento del danno da inadempimento di direttive comunitarie per i medici specializzandi iscritti ad anni accademici iniziati prima del 1/1/83.


Dopo quattro anni di giurisprudenza univoca, la Corte di legittimità evidenzia il contrasto sorto in base a due recenti pronunce della sezione lavoro che si contrappongono al consolidato orientamento di segno contrario attribuibile alla terza sezione e alla sottosezione terza della sesta sezione civile. 

La rimessione degli atti, per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, è disposta proprio dalla sottosezione terza della sesta sezione civile con l'ordinanza interlocutoria n. 23652/2015 (qui sotto allegata) depositata il 10 novembre 2015.


Da un lato, la sezione lavoro di Piazza Cavour propende per la necessaria e retroattiva integralità del ristoro del danno da mancata attuazione di direttiva comunitaria, ritenendo contraria al principio della primazia del diritto comunitario l'esclusione di ogni risarcimento del danno per i medici che avevano comunque iniziato la frequenza dei corsi di specializzazione prima del 1983.

La Corte di Giustizia, nelle sentenze in cui si discute, ha infatti affermato il carattere incondizionato ed adeguatamente preciso dell'obbligo di retribuzione in relazione ai corsi di specializzazione e quindi quello risarcitorio senza alcuna distinzione in ordine all'anno di iscrizione al corso.

Una discriminazione temporale contrasterebbe  con il criterio dell'applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione della norma comunitaria e risulterebbe antigiuridica. D'altronde anche il Consiglio di Stato ha ritenuto la normativa applicabile a tutti i medici in atto requentatori delle scuole di specializzazione.


L'indirizzo interpretativo opposto, invece, si schiera a favore di una necessaria limitazione temporale, che non risulterebbe violare l'interpretazione del diritto comunitario.

La Cassazione evidenzia l'indubbio inadempimento dello Stato italiano per quanto riguarda le direttive a partire dal 1/1/8, poiché i corsi di specializzazione non sarebbero stati organizzati in modo conforme alle disposizioni sovranazionali; tuttavia, proseguono i giudici, è altrettanto indubbio che fino al 31/12/82, termine univocamente fissato agli stati membri per conformare il proprio ordinamento alle direttive stesse, l'inadempimento non sussisteva.


La questione non è di scarso pregio, poiché ad ogni specializzando la presidenza del Consiglio dei Ministri ha riconosciuto oltre 6.700,00 euro di risarcimento ed un eventuale ampliamento della platea implicherebbe necessariamente un esborso a carico delle casse dello Stato che l'orientamento più rigoroso ha sinora contenuto.

Cass., VI sezione civile, ord. n. 23652/2015

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