Afferma la Cassazione che la necessità di un comando esplicito nel provvedimento giudiziale è superata grazie alla natura del tributo e all'agevole documentabilità del suo importo
di Valeria Zeppilli - In caso di condanna alle spese, il soccombente è tenuto a rifondere al vincitore il pagamento del contributo unificato anche se il provvedimento giudiziale non ne faccia espresso riferimento. 

Infatti, a tal fine basta la generica condanna alle spese giudiziali, da estendersi implicitamente alla predetta somma, al di là della mancanza formale del magistrato.

A precisarlo, in particolare, è l'ordinanza numero 18828/2015 della Corte di Cassazione depositata il 23 settembre (qui sotto allegata), per la quale il predetto principio vale anche nel regime attuale, indipendentemente dal fatto che il d.m. n. 55/2014 impone la documentazione delle spese sostenute. 

Del resto, la natura del tributo e l'agevole documentabilità del suo importo anche in sede esecutiva, rendono possibile superare la necessità di un comando esplicito nel provvedimento giudiziale.

Infatti, il contributo unificato costituisce un'obbligazione ex lege e di importo determinato, il cui pagamento, peraltro, risulta evidenziato all'ufficio che riceve l'iscrizione a ruolo dell'affare.

Quindi, pur se l'articolo 2 del d.m. 55/2014 prevede che le spese siano documentate e che per le spese generali sia dovuto un ulteriore importo del 15% del totale delle prestazioni, alla luce di quanto detto sarebbe illogico che la parte debba documentare anche il pagamento del contributo unificato, rilevabile tramite il fascicolo d'ufficio.

Quindi, pur in presenza di condanna generica alle spese giudiziali, alla parte vittoriosa deve essere rifusa anche la somma esborsata per il pagamento del predetto tributo. 

Corte di cassazione testo ordinanza numero 18828/2015
Valeria Zeppilli

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