Le spese processuali si addebitano alla parte soccombente, ma se il giudice sceglie di compensarle dovrà motivare adeguatamente la scelta

di Lucia Izzo - La Corte di Cassazione (VI sez. civile) torna a pronunciarsi sul tema dei costi del processo ed in particolare circa l'addebito delle spese processuali.

La sentenza 17276/2015 (qui allegata), depositata il 28 agosto, riguarda sanzioni amministrative in quanto originata dal ricorso di un cittadino avverso Equitalia e Comune di Roma: il ricorrente lamenta dinnanzi ai giudici del Palazzaccio, l'avvenuta compensazione delle spese processuali attuata in secondo grado sul presupposto che le parti appellate non avessero dato causa al gravame. In primo grado, Equitalia e il Comune di Roma erano, invece, state codannate in solido alle spese di giudizio.

Precisano gli Ermellini che la giurisprudenza prevalente, richiede che la Suprema Corte debba accertare che non sia violato il principio secondo cui "le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, o che non siano addotte ragioni palesemente o macroscopicamente illogiche e tali da inficiare (...) lo stesso procedimento formativo della volontà decisionale".

Il principio generale prevede che il costo del processo vada dunque addebitato al soccombente, tuttavia il giudice, per giusti motivi, ha il potere di compesnare le spese, ma questo "potere di compensazione" non è discrezionale in quanto viene richiesta un'adeguata motivazione.

Infatti, l'assunto predetto ha trovato conferma legislativa, laddove l'art. 2 della L. 263/2005 ha introdotto (nei procedimenti instaurati dopo la sua entrata in vigore fissata al 1° marzo 2006) l'obbligo del giudice di indicare i motivi della compensazione.

Nella fattispecie in esame, le stesse ragioni che hanno portato il giudicante ad accogliere l'appello proposto, dovevano anche condurre alla liquidazione delle spese di secondo grado. La motivazione addotta, ossia che le parti appellate non avevano dato causa all'appello, non può considerarsi plausibile nell'escludere una loro soccombenza.

Pertanto, la Corte accoglie il ricorso e, pronunciandosi nel merito, condanna i controricorrenti in solido alle spese di appello e a quelle di legittimità.

Cass., VI sez. Civile, sent. 17276/2015

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