Un aumento del 22% in tre anni causato dai pesanti tagli agli enti locali che non ha prodotto effetti positivi né sui servizi né sull'occupazione

di Marina Crisafi - Dal 2011 al 2014 la pressione fiscale dei comuni italiani è salita di oltre il 22% portando la spesa pro capite dai 505,50 euro del 2011 ai 618,4 euro dello scorso anno. A lanciare l'allarme è la Corte dei Conti nella relazione sulla finanza locale, evidenziando come il peso del fisco locale è ormai insostenibile.

Una situazione peraltro "scontata", dopo i pesanti tagli subiti dagli enti locali nell'ultimo quinquennio (pari a circa 8 miliardi di euro), i quali per reagire alle misure correttive adottate dal governo centrale, conservare "l'equilibrio" e garantire la "tenuta della capacità di entrata" hanno agito aumentando pesantemente la pressione fiscale, portandola "ai limiti della compatibilità con le capacità fiscali locali".

Se si entra nel dettaglio, spiega la Corte, i livelli massimi pro-capite si registrano nei comuni di "fascia alta" (quelli cioè da 60.001 a 249mila abitanti dove il peso pro-capite è pari ad euro 694,69 e quelli con più di 249mila abitanti i cui valori si attestano su 881,94 euro pro-capite), ma anche in quelli di fascia più bassa con 628,80 euro per abitante.

Una crescita che, fanno notare peraltro i magistrati contabili, non produce "benefici effetti né sui servizi, né sui consumi e sull'occupazione locale, in assenza di un'adeguata azione di stimolo derivante dagli investimenti pubblici". Per cui, sarebbe bene, osservano lanciando il monito al Governo e bacchettando i recenti interventi normativi che si muovono in senso opposto, recuperare quel "progetto federalista" che lega la responsabilità di "presa" a quella di "spesa", realizzando la correlazione necessaria tra prelievo e impiego.


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