La situazione patrimoniale del convivente more uxorio costituisce un elemento di valutazione irrinunciabile al fine di determinare il mantenimento della prole

di Marina Crisafi - Per determinare il contributo al mantenimento dei figli occorre valutare anche il reddito (e la situazione patrimoniale) della convivente del genitore obbligato. Lo ha stabilito il Tribunale di Roma, nella recente sentenza n. 16904/2014 (qui sotto allegata), pronunciandosi su una vicenda di divorzio nell'ambito della quale il padre, onerato del contributo al mantenimento delle due figlie, chiedeva la revisione dell'assegno date le maggiori spese derivanti dalla costituzione di un nuovo nucleo familiare, con la nascita di altri due figli, e la sostanziale identità dei redditi delle parti.

Ma il Tribunale capitolino non accoglie le richieste dell'uomo, disponendo invece che il quantum dell'assegno rimanga il medesimo, poiché l'uomo ha depositato soltanto la propria documentazione reddituale e non anche quella relativa "ai redditi e al patrimonio dell'attuale convivente more uxorio, madre dei due figli nati dopo la separazione".

Contrariamente a quanto ritenuto dallo stesso ricorrente, secondo il quale "non è ammissibile che ad una parte venga ordinato di depositare documentazione che non attenga alla sua sfera personale" ma ad una parte estranea, il giudice di Roma ha rilevato invece che l'art. 337-ter c.c. "attribuisce al giudice procedente il potere di disporre finanche indagini di Polizia Tributaria sui redditi intestati a soggetti diversi dai genitori, al fine di rispettare nella determinazione dell'onere economico da porre a carico di ciascun genitore il principio di proporzionalità". Ratio di tale scelta normativa, ha proseguito il tribunale, "è da ravvisare nelle presumibile intestazione a terzi soggetti di beni o di entrate reddituali in modo da sottrarsi o da limitare gli oneri di contribuzione gravanti su ciascun genitore per il mantenimento della prole".

A maggior ragione nel caso di specie, ha ritenuto il tribunale, in cui sussistono chiari indizi di condotte dirette ad intestare fittiziamente beni alla convivente, posto che gli oneri di un acquisto immobiliare dalla stessa effettuato (un appartamento a Roma) ricadono sul padre dei minori e parte del processo e che, inoltre, a fronte delle ristrettezze economiche lamentate dall'uomo, emerge invece che il nuovo nucleo familiare ha un elevato tenore di vita, dato che i due figli minori nati dall'unione frequentano scuole private, la coppia risiede in un appartamento della famiglia della convivente e utilizza anche una barca nel periodo estivo.

Per cui, date le risultanze processuali e la mancata documentazione dei redditi della convivente, madre dei due figli che deve contribuire all'onere di mantenimento in proporzione al proprio reddito, il tribunale ha deciso di applicare l'art. 116, secondo comma, c.p.c., confermando le quantificazioni in precedenza disposte.

Quanto all'assegno divorzile, infine, il tribunale, valutando la rispettiva situazione di entrambe le parti non ha ritenuto sussistente la necessaria sperequazione reddituale e patrimoniale per accogliere la richiesta dell'ex moglie, in quanto da un lato la stessa ha "adeguati redditi propri per mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio", dall'altro, l'uomo, pur avendo un reddito di poco superiore, è già gravato dell'obbligo di mantenere i figli minori nati dopo la separazione. 

Testo sentenza Tribunale di Roma n. 16904/2014

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