In una sentenza del Tar Lazio si affronta il caso di una richiesta di annullamento del decreto del Capo della Polizia

Avv. Francesco Pandolfi - cassazionista

C'è sempre il rischio che un ricorso al Tar possa essere dichiarato improcedibile. In una sentenza del Tar Lazio si affronta il caso di una richiesta di annullamento del decreto del Capo della Polizia con il quale è stato indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di 2800 allievi di Polizia di Stato riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale, ovvero in rafferma annuale.

La sempre interessante giurisprudenza del Tar Lazio sezione 1 bis ( sentenza n. 4755/2014 ) ci illumina anche questa volta, chiarendo il seguente principio.

Il ricorrente ha contestato in toto la stessa indizione del concorso e in parte il bando, con riferimento alla clausola contenuta nell'art. 2, punto 4, che non gli ha comunque consentito di parteciparvi.

Dice il Tar che, ove il ricorso fosse accolto, l'intero concorso ne sarebbe travolto e, per l'effetto, tutti i soggetti risultati vincitori ne subirebbero una chiara lesione, perdendo la stessa qualità di vincitori.

Infatti, in caso di accoglimento del primo motivo, i posti messi a concorso sarebbero presi dalla graduatoria del precedente concorso nel quale il ricorrente figura come idoneo, mentre in caso di accoglimento del secondo motivo di censura, il bando sarebbe comunque annullato per la parte di interesse, relativamente alla clausola contenuta nell'art. 2, punto 4, con conseguente riapertura dei termini e possibilità di parteciparvi per quanti non hanno potuto farlo, per aver partecipato nel 2011 ad altro concorso indetto per le carriere iniziali di altre forze di polizia.

Tale stato di cose fa scaturire l'importantissima conseguenza che i vincitori del concorso censurato sono tutti controinteressati formali e sostanziali, vantando una posizione giuridicamente rilevante, in contrapposizione a quella fatta valere dal ricorrente in questa sede, essendo agevolmente individuabili mediante la semplice visione della graduatoria; pertanto si sarebbe dovuta impugnare la graduatoria e tanto l'impugnativa di quest'ultima quanto quella del bando si sarebbero dovute notificare ad almeno uno dei soggetti risultati vincitori, ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., secondo cui "qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso".

In realtà, la graduatoria non è stata impugnata e non è stato salvaguardato il contraddittorio, con la conseguenza che il ricorso è divenuto improcedibile.

Pertanto: evitare l'improcedibilità è semplice se si osserva il chiaro canone processuale teso alla tutela dei controinteressati.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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