di Marina Crisafi - Dopo aver sbattuto il pugno sulla scrivania del giudice prima del termine della redazione del verbale d'udienza, un avvocato si allontanava dall'aula dicendo a voce abbastanza alta da farsi sentire dalle altre persone presenti e, per sua sfortuna, dallo stesso magistrato: "Arrivederci! Questa è pazza!".
Il tribunale di Lecce lo condannava per il reato di cui all'art. 343 del codice penale (oltraggio a un magistrato in udienza) per aver arrecato offesa all'onore e al prestigio del magistrato (nella specie, giudice della prima sezione civile del tribunale di Bari), ma la Corte d'appello di Lecce lo assolveva perché il fatto non costituisce reato.
Secondo la corte territoriale, infatti, pur pronunciando l'espressione in contestazione, l'imputato "non si sarebbe accorto che, nella foga, stava parlando a voce non adeguatamente bassa, perché le sue parole sarebbero state diverse se egli avesse voluto farsi sentire dal magistrato".
Non la pensa così il procuratore generale della Repubblica, il quale propone ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
La S.C. gli dà ragione. Nella sentenza n. 40596 del 1 ottobre 2014, la sesta sezione penale della Cassazione ritiene palesemente illogiche e contraddittorie le conclusioni cui è giunta la corte d'appello, la quale, pur ritenendo che l'espressione offensiva fosse stata pronunciata dall'imputato e di fatto indirizzata al giudice per via delle sue decisioni in ordine alle richieste formulate dallo stesso legale in udienza, lo assolveva sul presupposto che se egli si fosse reso conto di non parlare sottovoce avrebbe senz'altro utilizzato frasi differenti.
Illogicità e contraddittorietà ancora più evidenti, ha sottolineato la Corte, considerato che lo stesso difensore aveva sempre negato di essersi rivolto al giudice, sostenendo invece di essersi riferito al suo cliente e che, in secondo luogo, "tutte le risultanze processuali hanno dimostrato che il prevenuto, subito dopo avere detto "questa è pazza", aveva battuto un colpo col pugno sul tavolo e si era allontanato dall'aula, in segno evidente di fastidio e dissenso, prima che il giudice terminasse la verbalizzazione".
Tuttavia, pur sussistendo il reato non c'è la condanna, data l'intervenuta prescrizione. La S.C. ha, quindi, annullato senza rinvio la sentenza impugnata.
E' bene notare che a differenza del reato d'ingiuria di cui all'art. 594 codice penale (che prevede una pena fino a 6 mesi di reclusione oppure fino a un anno se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato), nell'ipotesi contemplata dall'articolo 343 dello stesso codice, l'offesa all'onore del magistrato si paga con una pena della reclusione fino a 3 anni che possono arrivare a un massimo di 5 se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Corte di Cassazione, testo sentenza 1 ottobre 2014, n. 40596