Martina Tosetti - 

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Con la pronuncia n. 20531 del 19 maggio 2014 la Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione fissa un importante principio in tema di prova del reato di stalking, ai sensi dell'art. 612 bis c.p..

Nel caso de quo, i fatti contestati avevano ad oggetto le condotte di ripetuta molestia, con pedinamenti o con l'imposizione della propria presenza nei confronti della vittima, episodi talora connotati da minacce gravi rivolte anche nei confronti del convivente di quest'ultima.

Secondo la ricostruzione della accusa, inoltre, la precedente condanna dell'imputato per comportamenti analoghi, tenuti in passato nei confronti di un'altra vittima, aveva determinato "in capo alle persone offese un forte stato di timore, inducendole a mutare le abitudini di vita". 

Con la sentenza in esame la Corte rileva come "del tutto insostenibile appare la tesi difensiva circa la natura del disagio psichico che occorrerebbe dimostrare per ritenere configurabile il delitto in esame, visto che nell'interesse del ricorrente si vorrebbe ritenere necessaria l'emergenza di tracce cliniche di detto disagio. Da un lato, va comunque sottolineato che il perdurante e grave stato di ansia o di paura, il fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto e l'alterazione delle abitudini di vita costituiscono "eventi di danno alternativamente contemplati dall'art. 612 bis c.p." (in tal senso, si veda anche Cass., Sez. III, n. 46179 del 23.10.2013)". 

In primo luogo, quindi, il Giudice di legittimità, nell'individuare gli elementi costitutivi della fattispecie penale in oggetto nel perdurante e grave stato di ansia o di paura, il fondato timore per la incolumità propria o di un prossimo congiunto e l'alterazione delle abitudini di vita, quali eventi di danno alternativamente contemplati dall'art. 612 bis c.p., fa proprio l'orientamento prevalente della giurisprudenza e della dottrina per cui "il delitto di atti persecutori cosiddetto 'stalking' è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità" (in tal senso, si vedano anche  Cass. Sez. V, n. 29872 del 19.05.2011 e Cass. Sez. V, n. 34015 del 22.06.2010).

In secondo luogo, la Corte nella pronuncia in esame evidenzia come "ai fini della integrazione del reato de quo "non si richiede l'accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612 bis c.p., non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 c.p.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica" (Cass., Sez. V, n. 16864 del 10.01.2011)."

Precisato come il reato di stalking possa concorrere con quello diverso di lesioni di cui all'art. 582 c.p., in quanto fattispecie delittuose concettualmente ed ontologicamente non sovrapponibili, "posto che l'evento del reato di cui all'art. 612 bis c.p. non deve necessariamente sostanziarsi in uno stato patologico, potendo consistere in perdurante grave stato di ansia o di paura, ove invece l'evento del reato di lesione personale di cui all'art. 582 c. p. consiste nella malattia, genericamente intesa, nel corpo o nella mente" (così, Cass., Sez. V, n. 32147 del 24.07.2013), la Corte prende posizione in ordine alla necessità, per la vittima, di dimostrare clinicamente il proprio stato di disagio psicologico. 

In tal senso, infatti, secondo la pronuncia in esame non è necessario ai fini della integrazione del reato di stalking l'accertamento di uno stato patologico di disagio psichico della vittima, in quanto è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima (in senso conforme, si veda anche Cass. Sez. V,  n. 16864 del 10.01.2011).

Martina Tosetti

Consulente legale 

Specializzata presso la SSPL Statale di Milano

Iscritta all'ordine dei praticanti di Genova

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