di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza n. 9283 del 24 Aprile 2014. 

Il risarcimento del danno non patrimoniale è contemplato all'art. 2059 cod. civ. e il giudice, nel verificare l'esistenza dei presupposti per la sua liquidazione, deve attenersi strettamente al principio della non duplicazione: l'esistenza di diverse voci tutte inerenti la categoria del danno non patrimoniale (ad esempio, danno alla vita di relazione, danno esistenziale, danno biologico) ha funzione meramente descrittiva, il risarcimento del danno è unico e come tale va gestito, ferma restando la personalizzazione della liquidazione (la valutazione, cioè, del caso concreto).

Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza in esame in cui la Corte Si è occupata del caso di una controversia relativa ad immissioni di rumore in ambito condominiale.

I giudici di merito avevano ordinato l'insonorizzazione di alcuni locali, facenti parte di un complesso condominiale. L'ordine era stato confermato anche in sede di appello ed il caso finiva in cassazione.

La controversia

aveva ad oggetto anche una richiesta risarcitoria e, proprio con riferimento a tale richiesta, la Corte ha avuto modo di confermare che nel nostro ordinamento non è ravvisabile l'autonoma categoria del danno esistenziale: tutti i pregiudizi di tipo non economico patiti dal danneggiato rientrano nell'unica categoria sopra citata del danno non patrimoniale. L'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ. impone di ricomprendere all'interno della categoria ogni pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, purchè la lesione superi la "soglia minima di tollerabilità" e la stessa non sia futile (nel caso di specie non consista, cioè, in meri disagi o fastidi arrecati dal vicino). Il ricorso è rigettato.


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3) Assemblea dei condomini e rappresentanza in giudizio. Transazione.

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