La Corte di Cassazione, con sentenza n. 7675 del 2 aprile 2014, ha ribadito, come da costante giurisprudenza, che "l'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto stesso, è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia od inserimento nell'organizzazione aziendale.".

Nel caso preso in esame dai giudici di legittimità, la Corte d'Appello, in riforma della sentenza del Tribunale, accoglieva l'opposizione proposta da una Società avverso la cartella esattoriale notificata su richiesta dell'INPS per il recupero di contributi previdenziali rilevando che la Società ed il lavoratore avevano stipulato un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, annuale, prorogabile anno per anno, avente ad oggetto "assistenza amministrativa e contabile e rapporti con professionisti esterni", senza prefissione di orario, con retribuzione mensili e con prestazione da svolgere in azienda, che dette mansioni non apparivano significative ai fini dell'accertamento della natura subordinata o autonoma tanto che spesso detto tipo di mansioni venivano delegate a professionisti esterni. La Corte concludeva escludendo che l'Inps avesse fornito la prova della subordinazione e ritenendo infondata la tesi dell'Istituto secondo cui dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n 273/2003, che introduceva il divieto di contratti atipici, il rapporto avrebbe dovuto essere trasformato in lavoro subordinato in quanto dovevano ritenersi esclusi quelli di lavoro autonomo, quale quello in esame.

La Suprema Corte - rigettando il ricorso dell'Inps avverso la decisione della Corte territoriale - ha affermato che "la Corte d'appello ha fornito un'adeguata e corretta spiegazione delle ragioni che l'hanno indotto ad escludere la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato svolgendo un positivo e completo accertamento di tutte le circostanze di fatto emerse dall'istruttoria. I motivi di doglianza formulati dal ricorrente non hanno in concreto investito in modo dirimente nessuno dei passaggi argomentativi della sentenza impugnata".

In sede di legittimità - si legge nella sentenza

- è censurabile soltanto l'assunzione e l'individuazione da parte del giudice di merito del parametro relativo all'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, mentre l'accertamento degli elementi, che rivelano l'effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e sono idonei a ricondurre la prestazione al suo modello, costituisce apprezzamento di fatto, che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivalo, resta insindacabile.   

La pretesa dell'Istituto di far rivalutare dalla Cassazione le testimonianze già valutate dalla Corte territoriale e ritenute idonee ad escludere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato non può, pertanto, trovare accoglimento.


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