di Roberto Cataldi - No, non sto parlando dell'Europa del colonialismo, delle guerre di religione, e neppure di quell'Europa profondamente razzista della Seconda Guerra Mondiale. Ogni momento storico ha il suo crimine. Oggi si punta sempre più spesso il dito contro quell'UE che noi stessi abbiamo a lungo desiderato e sognato, specie dopo la fine dei conflitti, quando l'unione sì che faceva la forza. 

Decenni fa, il progetto di un unico grande paese fondato sui valori di pace e prosperità sembrava l'unica via da percorrere per sfuggire ai totalitarismi e alle personalità guerrafondaie dei leader. 

Oggi cosa resta del sogno di un tempo? Un'Europa messa in ginocchio dalla crisi, un'autorità che si sta dimostrando sempre più lontana dalla realtà e dalle aspettative dei cittadini; e differenze culturali che mettono in ombra affinità e senso di coesione. 

L'Europa criminale oggi è l'europa delle banche e della finanza. Ciò che ci resta di un progetto di pace e di unità è solo uno sparuto gruppo di parole altisonanti lontanissime dai reali interessi della gente: pane, affitto, istruzione, lavoro.

La classe dirigente che guida l'europa ha favorito negli ultimi tempi un diffuso sentimento di euroscetticismo che sta prendendo sempre più piede nel Vecchio Continente, trainato dalla crisi economica e da incomprensioni e screzi di natura politica tra i paesi membri. 

Persino in ambito accademico si stanno alzando voci di protesta contro il sistema Europa. Il filosofo Diego Fusaro, ed esempio, non ha esitato a definire l'Europa come un progetto criminale, fondata sul debito e sull'asservimento economico dei suoi popoli. Secondo Fusaro, la nascita della moneta unica ha fatto tutt'altro che servire i cittadini, finendo al contrario per "asservirli, rinsaldando il potere dell'aristocrazia finanziaria e del grande capitale europeo, cifra macabra di un'Europa finanziaria in cui i popoli e le nazioni non contano più nulla né come soggetto politico, né come soggetto sociale".

Ciò che più ci rammarica è che si è dimenticata completamente l'etica delle priorità. Questo modello di Europa sembra avere come unico scopo e interesse la tutela del sistema bancario e dell'alta finanza, mentre la vita e il benessere delle popolazioni occupa solo, se mai lo occupa davvero, un ruolo marginale e di secondo piano.

Le politiche di austerity imposte senza alcuno scrupolo ai cittadini negli ultimi anni, hanno comportato sacrifici e rinunce di non poco conto.  Allo stesso tempo il mondo politico non ha voluto rinunciare al proprio sistema clientelare, alla crescente corruzione e a tutto ciò che ha contribuito in modo significativo alla crescita del debito pubblico e all'alimentarsi della crisi economica.

Sembra proprio che l'austerity sia stata concepita per salvaguardare il sistema bancario internazionale; poco importa che ciò finisca per uccidere l'economia fatta di imprese, lavoratori e professionisti. E per questo si legittima l'imposizione di una tassazione ormai da tempo fuori misura e fuori controllo senza interrogarsi sui pesanti costi umani che una tale politica sta producendo. 

Pressati dal rigido vincolo di bilancio, gli stati attingono le risorse necessarie dai cittadini, aumentando la pressione fiscale secondo le propensioni dei governi in carica. 

Questa Europa economica continua a navigare indifferente alle tante tragedie umane, ai suicidi degli imprenditori, all'impressionante numero dei disoccupati, dei senzatetto e di tutte quelle famiglie che hanno oltrepassato la soglia della povertà a causa delle sue politiche elitarie e disumane. 

Sia ben chiaro: non è l'idea di Unione Europea in sé ad essere sbagliata, ma soltanto questa Europa, finora incapace nei fatti di mettere al primo posto gli uomini che la compongono invece che il suo sistema monetario.

Roberto Cataldi


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