Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto
E-mail: barbara.pirelli@gmail.com

Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 27.11.2013, ha disposto che, in sede di separazione, anche se uno dei genitori soffre di disturbi psichiatrici (nella fattispecie un disturbo bipolare), non c'è motivo per negare l'affidamento condiviso dei figli. Il semplice fatto che un genitore soffra di un disturbo psichiatrico non può essere considerato un elemento sufficiente per potergli negare una partecipazione attiva alla cura e all'educazione dei figli.

Bisogna ammetterlo, nell'immaginario collettivo, le persone con problemi psichiatrici hanno sempre fatto paura. Immotivatamente, vorrei aggiungere. Spesso infatti si crede che  un disturbo psichiatrico possa comportare  aggressività e pericolosità.

Ma è solo un banale pregiudizio, perché ciò accade solo in casi piuttosto rari.

Una persona con disturbi psichiatrici, il più delle volte vittima di preconcetti che rischiano di emarginarlo comportando a questo punto danni maggiori di quanti non possa produrre la malattia stessa.

Se il giudice applicasse l'affidamento esclusivo all'altro genitore andrebbe ingiustificatamente ad avallare questo pregiudizio sociale.

Chi non ricorda la magistrale interpretazione di Jack Nicholson nel film "Qualcuno volo' sul nido del cuculo"?

Il film è anche una denuncia di questo pregiudizio nei confronti del malato psichiatrico. Tanto che il protagonista (Randle P. Mc Murphy) in realtà era una persona normale ma la direzione dell'ospedale psichiatrico non poteva accettare la sua ribellione alle rigide regole che Murphy metteva sistematicamente in discussione.

Il caso di cui si è occupata la Corte vede come protagonista una madre affetta da un disturbo bipolare e per questo motivo era in cura da uno specialista. Questo disturbo non rendeva affatto la donna pericolosa e così il Tribunale ha ritenuto che non ci fossero i presupposti per disporre un affidamento esclusivo

dei figli ed ha, quindi, optato per l'affidamento condiviso con collocazione presso la madre e con diritto del padre a partecipare anche al trattamento terapeutico della donna.

 

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