E proprio con riferimento a tale ricostruzione del mobbing ritiene che manca nel ricorso di primo grado qualsiasi allegazione di tal genere e che, pertanto, la relativa domanda - rectius causa petendi - è nuova.
In altri termini per la Corte del merito non è sufficiente la prospettazione di un mero "svuotamento delle mansioni", occorrendo, ai fini della deduzione del mobbing, anche l'allegazione di una preordinazione finalizzata all'emarginazione del dipendente." In merito poi alla richiesta del dipendente di riconoscere la violazione dell'art. 437, secondo comma cpc, la Corte di Cassazione precisa che "oltre alla considerazione che il petitum - rappresentato nella specie dalla richiesta di un ordine di cessazione della condotta mobizzante - è del tutto nuovo come sottolineato dalla Corte del merito, vi è il rilievo che trattandosi d'interpretazione della domanda che implica un accertamento di fatto, il ricorrente per correttamente investire questa Corte della questione di cui trattasi avrebbe dovuto denunciare l'erronea interpretazione della domanda e non la sola violazione dell'art. 437, secondo, comma cpc.".