Quando si violano le distanze legali nella realizzazione di un ascensore, non si può invocare la necessità di abbattere le barriere architettoniche. Secondo la Cassazione infatti le cose non cambiano se il manufatto è stato realizzato per agevolare l'accesso a casa di una persona affetta da invalidità perché, ciò che conta, è il rispetto delle distanze legali.

La decisione arriva dalla seconda sezione civile della Corte (sentenza n.20010/2012), secondo cui la realizzazione di un ascensore a misura regolamentare dal confine ma inserito in un fabbricato che non rispetta i dettami del codice civile infrange le distanze legali tra le costruzioni.

Di nessun rilevo, secondo la Corte, il fatto che si era voluto agevolare l'accesso a casa di una persona affetta da invalidità agli arti inferiori. La Suprema Corte ha cosi' accolto il ricorso dei confinanti di una coppia che aveva realizzato una costruzione posta in parte a distanza inferiore dal confine: i vicini avevano chiesto l'abbattimento e l'arretramento dell'opera ma la coppia si era difesa sostenendo che la violazione si era resa necessaria per costruire, a distanza regolamentare, un ascensore che potesse agevolare l'accesso alla casa parte della persona affetta da handicap. 

I giudici di merito avevano respinto la domanda di arretramento della costruzione con la motivazione che l'ascensore doveva essere considerato un corpo autonomo e diverso dalla costruzione in cui era inserito e che era legittimo trovandosi a distanza superiore a quella legale, mentre Piazza Cavour, ha ribaltato tale decisione spiegando che "ai fini della violazione o meno delle distanze legali" è stato preso in considerazione "solo il corpo ascensore e i pianerottoli di sbarco e di collegamento" ma i giudici di merito non hanno "argomentato sulla non conformità normativa della restante parte del fabbricato che contiene l'ascensore e che giustifica l'intero intervento, non riconducibile pertanto a quelli diretti a eliminare le barriere architettoniche".
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