In materia di liquidazione della parcella del professionista distrattario, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2474, depositata il 21 febbraio 2012, ha stabilito che l'avvocato distrattario non ha diritto al pagamento dell'Iva dalla parte soccombente quando il suo cliente è un'impresa o un professionista, soggetti che hanno diritto alla detrazione. In altre parole, secondo gli ermellini, il professionista distrattario può richiedere al soccombente solo l'importo dovuto a titolo di onorario e spese processuali e non anche l'importo dell'Iva che gli sarebbe dovuta - a titolo di rivalsa - dal proprio cliente, abilitato a detrarla. Nel caso di specie la Cassazione ha accolto il ricorso di una azienda sanitaria locale che aveva sostenuto l'erronea applicazione dell'Iva in favore dell'avvocato distrattario. Secondo il giudici di legittimità, infatti, l'azienda non deve corrispondere l'iva potendo l'imprenditore
creditore detrarla nella fattura del legale che lo ha assistito poichè si verificherebbe un ingiustificato arricchimento dell'avvocato che, da un lato incasserebbe l'Iva rifusagli, dall'altro porterebbe in detrazione l'Iva versata, arrivando a conseguire, quindi, due volte, la stessa somma di denaro. "Trattasi di rilievo fondato - si legge dalla parte motiva della sentenza che si riferisce all'accoglimento del ricorso dell'Azienza sanitaria - giacché non può essere considerata legittima una locupletazione da parte di un soggetto abilitato a conseguire due volte la medesima somma di danaro. Tale sarebbe la situazione dell'avvocato distratta rio che ottenesse l'iva sulle proprie competenze sia dal cliente abilitato a detrarre l'imposta che dal soccombente (Cfr. cass. 3843/95; 10023/97; 1688/10; implicitamente inoltre Cass. 7551/11)".
Consulta testo sentenza n. 2474/2012

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