La Corte di Cassazione con sentenza 4 settembre 2012, n. 14833, ha rigettato il ricorso di una società condannata a reintegrare il proprio dipendente, dopo averlo licenziato. La società sostiene che le mansioni cui era adibito il dipendente erano divenute, di fatto, impossibili a seguito della chiusura del magazzino in cui il dipendente prestava la propria attività lavorativa e che, dunque, il licenziamento era stato adottato per giustificato motivo oggettivo (art. 18 statuto dei lavoratori) costituito da ragioni inerenti l'attività produttiva, contrattasi di molto per una forte crisi del settore in cui la società operava. Di contro, il dipendente aveva dichiarato, in giudizio, che il licenziamento
era stato una conseguenza del suo rifiuto all'azienda di modificare l'orario di lavoro. Di conseguenza il licenziamento era da considerarsi illegittimo. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le precedenti sentenze di merito ed evidenziando che non si può licenziare solo perchè il lavoratore non vuole accettare nuovi orari di lavoro. Tribunale e Corte di Appello avevano già annullato il licenziamento avendo rilevato che nella fattispecie non si potesse ravvisare una ipotesi di giusta causa o di giustificato motivo ed avevano quindi ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro. La società che aveva disposto il licenziamento dovrà ora pagare anche le retribuzioni non corrisposte dal momento del licenziamento sino al giorno della effettiva reintegra.

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