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I licenziamenti collettivi

I licenziamenti collettivi sono quelli che coinvolgono più lavoratori. La loro disciplina è dettata dalla legge numero 223 del 1991

La disciplina dei licenziamenti collettivi

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I licenziamenti collettivi, coinvolgendo più lavoratori, suscitano un maggiore allarme sociale rispetto ai licenziamenti individuali e, pertanto, sono assoggettati a una disciplina particolare e più stringente. 

Essi, come vedremo meglio oltre, sono infatti subordinati all'esperimento di un procedimento di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali. Anche nella scelta dei lavoratori da licenziare, il datore di lavoro è assoggettato a vincoli ben precisi.

Requisiti soggettivi

L'articolo 24, in particolare, individua i requisiti soggettivi di applicazione della disciplina, stabilendo che questa interessa i datori di lavoro che occupano più di quindici dipendenti.

Requisiti oggettivi

I presupposti oggettivi individuati dal medesimo articolo 24, invece, sono diversi. In particolare, devono coesistere le tre seguenti circostanze:

  • deve esserci una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro;
  • l'intenzione del datore di lavoro deve essere quella di effettuare almeno cinque licenziamenti nell'arco di centoventi giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell'ambito del territorio della stessa provincia;
  • i licenziamenti devono essere comunque riconducibili, nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, alla medesima riduzione o trasformazione.

Numero minimo: esclusioni

La normativa in materia di licenziamenti collettivi, poi, riguarda anche i datori di lavoro che stiano beneficiando di strumenti straordinari di integrazione salariale ma non riescano a garantire il reimpiego di tutti i lavoratori sospesi e non possano utilizzare misure alternative.

In tal caso l'applicazione della disciplina prescinde dal numero di lavoratori da licenziare.

Licenziamenti individuali plurimi

La sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi sopra enunciati è presupposto fondamentale per l'applicazione della peculiare disciplina dettata in materia di licenziamenti collettivi dalla legge numero 223/1991.

Se tali requisiti mancano, infatti, non è possibile parlare di licenziamenti collettivi ma si parlerà, semmai, di licenziamenti individuali plurimi e la disciplina applicabile sarà quella ordinaria del licenziamenti individuali.

Procedura licenziamento collettivo

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La caratteristica fondamentale che distingue i licenziamenti collettivi dai licenziamenti individuali è rappresentata dalla dettagliata procedura imposta al datore di lavoro, presupposto di legittimità degli stessi.

Sostanzialmente, il datore di lavoro che intenda procedere a un licenziamento collettivo, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi di applicazione della relativa disciplina, deve innanzitutto informare le rappresentanze sindacali aziendali e le rispettive associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

Comunicazione ai sindacati

Nella relativa comunicazione vanno specificati:

  • i motivi che hanno determinato la situazione di eccedenza di personale;
  • le ragioni tecniche organizzative e produttive per le quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio a tale situazione evitando anche solo in parte il licenziamento collettivo;
  • il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente e del personale abitualmente impiegato;
  • i tempi di attuazione del programma di riduzione del personale;
  • le eventuali misure programmate per fronteggiare la conseguenza sul piano sociale;
  • il metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva.

La comunicazione va inviata in copia anche all'UPLMO - Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

Esame congiunto

Entro sette giorni da quando hanno ricevuto la comunicazione relativa al licenziamento collettivo, le rappresentanze sindacali aziendali e le rispettive associazioni possono richiedere un esame congiunto tra le parti con il fine di esaminare le cause alla base dell'eccedenza di personale e le possibilità di una diversa utilizzazione di tutti o alcuni lavoratori nella stessa impresa, anche attraverso i contratti di solidarietà o altre forme flessibili di gestione dei tempi di lavoro.

Se la riduzione di personale non può essere comunque evitata, l'esame congiunto si concentra sulla possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento che facilitino la riqualificazione e la conversione dei lavoratori licenziati.

Durante tale fase è possibile per i rappresentanti sindacali dei lavoratori chiedere l'aiuto e l'assistenza di esperti.

In ogni caso, l'esame deve esaurirsi entro quarantacinque giorni dalla data in cui è stata ricevuta la comunicazione e il suo esito va comunicato da parte dell'impresa all'UPLMO, anche specificando i motivi se negativo.

Si precisa che se i lavoratori interessati dal licenziamento collettivo sono meno di dieci il predetto termine è ridotto alla metà.

Mancato accordo con i sindacati

Se l'accordo non è raggiunto, le parti sono convocate per un ulteriore esame dal direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale può anche formulare delle proposte per la realizzazione di un'intesa.

Questo secondo esame, in ogni caso, deve concludersi al massimo entro trenta giorni da quando l'UPLMO ha ricevuto la comunicazione relativa al primo esame congiunto tra le parti.

Anche tale termine è ridotto alla metà se i lavoratori interessati dal licenziamento collettivo sono meno di dieci.

Solo terminata questa fase, a prescindere dal raggiungimento di un accordo sindacale, l'impresa può procedere al licenziamento dei lavoratori eccedenti, comunicando il recesso a ciascuno di essi per iscritto rispettando i termini di preavviso.

Licenziamento collettivo: le comunicazioni

Dopo tale informazione, nel termine massimo di sette giorni, il datore di lavoro deve comunicare per iscritto all'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni di categoria l'elenco dettagliato dei lavoratori licenziati, comprensivo di luogo di residenza, qualifica, livello di inquadramento, età e carico di famiglia.

Va inoltre fornita la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare.

Licenziamenti collettivi, criteri di scelta

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Come accennato, nello scegliere i lavoratori interessati dai licenziamenti collettivi, il datore di lavoro deve attenersi a precisi criteri, individuati dai contratti collettivi o, in mancanza, dall'articolo 5 della legge numero 223/1991.

Quest'ultimo, in particolare, fa riferimento ai seguenti elementi, da valutare in concorso tra loro:

  • carichi di famiglia;
  • anzianità;
  • esigenze tecnico-produttive e organizzative.

Non è comunque possibile licenziare una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in considerazione, né un numero di lavoratori disabili tale da lasciare scoperta la quota di riserva.

I contratti collettivi, nello stabilire criteri differenti, devono comunque rispettare i principi di non discriminazione e di razionalità.

Licenziamenti collettivi e demansionamento

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Si sottolinea che gli accordi sindacali che sono stipulati nel corso delle procedure di licenziamento collettivo e che prevedono il riassorbimento anche parziale dei lavoratori in eccedenza possono stabilire l'assegnazione di questi a mansioni diverse da quelle svolte anche in deroga all'articolo 2103 del codice civile.

Licenziamenti collettivi dei dirigenti

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A seguito dell'entrata in vigore della legge 30 ottobre 2014 numero 161, la disciplina sui licenziamenti collettivi si applica anche ai dirigenti.

Di conseguenza, si segnala che oggi i rappresentati sindacali dei dirigenti vanno necessariamente coinvolti nella procedura e che anche tale categoria di lavoratori è assoggettata alla previsione inerente i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare.

Proprio tale ultimo aspetto ha suscitato non poche perplessità in dottrina, in quanto un simile obbligo non era espressamente oggetto delle pressioni dell'Unione Europea che hanno portato all'estensione della disciplina e, soprattutto, alla luce delle difficoltà di raccordo con il particolare carattere fiduciario che connota il rapporto di lavoro dei dirigenti.

Licenziamenti collettivi illegittimi

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Per i licenziamenti collettivi illegittimi, la legge n. 223/1991 prevede diverse conseguenze sanzionatorie, a seconda di quale sia la causa che ha determinato l'illegittimità.

In particolare:

  • se il licenziamento è intimato senza l'osservanza della forma scritta, si applica il primo comma dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori (cd. tutela reale piena);
  • in caso di violazione delle procedure previste per i licenziamenti collettivi, si applica il terzo periodo del settimo comma dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori (cd. tutela obbligatoria piena);
  • in caso di violazione dei criteri di scelta, si applica il quarto comma dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori (cd. tutela reale attenuata).

Vai alla guida L'articolo 18 dello statuto dei lavoratori

Licenziamenti collettivi 2020

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Appare interessante segnalare che nel 2020, per far fronte alla crisi derivante dalla pandemia da coronavirus, il legislatore ha disposto un blocco temporaneo dei licenziamenti collettivi.

In particolare, dapprima il cd. decreto cura Italia (d.l. n. 18/2020) ha previsto il divieto di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo dal 17 marzo al 17 maggio 2020. Successivamente, il cd. decreto rilancio (d.l. n. 34/2020) ha esteso tale periodo sino al 17 agosto 2020.

La Cassazione sui licenziamenti collettivi

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Ecco alcune sentenze rilevanti della Cassazione in materia di licenziamenti collettivi:

Cassazione n. 17201/2020

In tema di licenziamenti collettivi, ai fini dell'applicazione dei criteri di scelta dettati dall'art. 5 della legge n. 223 del 1991, la comparazione dei lavoratori da avviare alla mobilità deve avvenire nell'ambito dell'intero complesso organizzativo e produttivo ed in modo che concorrano lavoratori di analoghe professionalità (ai fini della loro fungibilità) e di similare livello, rimanendo possibile una deroga a tale principio solo in riferimento a casi specifici ove sussista una diversa e motivata esigenza aziendale; in caso contrario sarebbe possibile finalizzare i criteri di scelta (eventualmente in collegamento con preventivi spostamenti del personale) ad esigenze imprenditoriali non esclusivamente tecnico produttive e all'espulsione di elementi non graditi al datore di lavoro, senza concrete possibilità di difesa da parte degli interessati. 

Cassazione n. 15765/2020

In materia di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la legge n. 223/1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda. In tale quadro, i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa, non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo), ma la correttezza procedurale dell'operazione (ivi compresa la sussistenza dell'imprescindibile nesso causale tra progettato ridimensionamento e singoli provvedimenti di recesso). 

Cassazione n. 12095/2016

In materia di licenziamenti collettivi, occorre distinguere tra l'ipotesi della violazione delle procedure e quella della violazione dei criteri di scelta: nel primo caso, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva; nel secondo caso, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro. 

Cassazione n. 23616/2015

Il requisito della contestualità fra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro dell'elenco dei dipendenti licenziati e delle modalità di applicazione dei criteri di scelta, contestualità richiesta a pena d'inefficacia del licenziamento, deve essere valutato nel senso di una indispensabile contemporaneità delle due comunicazioni, la cui mancanza può non determinare l'inefficacia del recesso solo se sostenuta da giustificativi motivi di natura oggettiva della cui prova è onerato il datore di lavoro. 

Data: 5 ottobre 2020