La revocatoria penale è un'azione prevista e disciplinata dagli articoli 192-195 c.p. ed è finalizzata a rendere inefficaci gli atti di disposizione a titolo gratuito e oneroso compiuti dal colpevole di un reato in danno dei creditori

Revocatoria penale: cos'è

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La revocatoria penale è un rimedio teso a conservare la garanzia patrimoniale del debitore/autore del reato a vantaggio dei titolari dei crediti che derivano dal reato stesso.

Nella circostanza in cui il patrimonio da garantire sia quello del responsabile di un reato, la revocatoria penale trova la sua peculiarità rispetto a quella ordinaria civile, il cui utilizzo, tuttavia, non è escluso neanche in questa peculiare fattispecie, se ne ricorrono i presupposti soggettivi e oggettivi.

La disciplina del codice penale

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Il codice penale disciplina la revocatoria agli articoli da 192 a 195 e distingue a seconda che gli atti compiuti dal colpevole siano stati posti in essere prima o dopo il reato e a seconda che essi siano a titolo gratuito o a titolo oneroso.

Procedendo con ordine, l'articolo 192 stabilisce che gli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole del reato dopo la sua commissione sono senz'altro inefficaci, mentre, per l'articolo 193 quelli compiuti a titolo oneroso si presumono in frode ai creditori, ma per la revocatoria è necessaria la prova della mala fede del terzo.

L'articolo 194, infine, stabilisce che gli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole del reato prima del compimento dello stesso sono inefficaci solo se si provi che egli li ha compiuti in frode.

Per quelli a titolo oneroso eccedenti la semplice amministrazione o la gestione dell'ordinario commercio, nei confronti dei quali la disposizione si applica, la revoca è subordinata alla circostanza che anche l'altro contraente fosse in mala fede.

Occorre comunque specificare che gli atti antecedenti il reato passibili di revoca sono solo quelli compiuti sino ad un anno prima il misfatto.

Le disposizioni del codice penale che si occupano di revocatoria si concludono con la previsione in base alla quale i diritti dei terzi restano comunque regolati dalle leggi civili.

Il colpevole di reato

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Come è possibile notare da quanto detto sinora, il codice penale, nel disciplinare la revocatoria, fa riferimento espresso al colpevole di reato.

Tale circostanza deve far ritenere che non possono essere tutelati con tale mezzo, ma semmai con la revocatoria ordinaria o, se ne ricorrono i presupposti, con la revocatoria fallimentare, i creditori del responsabile civile e del civilmente obbligato per la pena pecuniaria, così come non è possibile ottenere tutela con tale strumento rispetto agli atti di disposizione patrimoniale posti in essere dai successori dell'autore del reato.

In ogni caso, deve ritenersi colpevole ai fini di cui all'azione revocatoria penale, anche chi sia stato dichiarato non punibile per concessione del perdono giudiziale.

Efficacia relativa della revocatoria penale

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Come la revocatoria ordinaria civile (e anche come quella fallimentare) la revocatoria penale ha efficacia relativa, in quanto l'atto di disposizione patrimoniale che essa va a colpire continua a mantenere la propria validità, divenendo inefficace solo nei confronti del creditore che abbia fatto ricorso allo specifico rimedio.

Quest'ultimo, quindi, una volta ottenuta la revocatoria potrà promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive e conservative sul bene interessato.

Giurisprudenza sulla revocatoria penale

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Si riportano alcuni estratti di recenti pronunce della Cassazione in materia di revocatoria penale:

Cassazione n. 28426/2021

La c.d. "revocatoria penale per atti compiuti a titolo gratuito dal colpevole dopo la commissione del reato è disciplinata dall'art. 192 cod. pen., fin dalla sua originaria formulazione, nel testo promulgato dal 1930", e che in virtù di tale disposizione, "gli atti a titolo gratuito, compiuti dal colpevole dopo il reato, non hanno efficacia rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189", crediti tra i quali rientrano anc/he quelli "per le somme dovute a titolo di risarcimento del danno, comprese le spese processuali" (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 31 ottobre 2014, n. 23158). Orbene, tale disposizione "garantisce, da un punto di vista sia sostanziale che processuale", i crediti, tra gli altri, "per le obbligazioni civili derivanti dal reato (secondo comma); e queste ultime, previste dal codice penale sostanziale e precisamente dall'art. 185 cod. pen. (disposizione con cui esordisce il titolo VII - «delle sanzioni civili» - del libro primo - «dei reati in generale» - di quel codice), consistono nelle restituzioni (primo comma) e nel risarcimento di ogni danno, patrimoniale o non patrimoniale, cagionato dal reato stesso (secondo comma)"; sicché "la peculiare inefficacia in esame si inscrive in quel nucleo minimo di istituti che tendono a proteggere detta vittima nel tempo successivo al reato, anche solo in via risarcitoria, al contempo assolvendo, come ogni altra sanzione, una funzione sia deterrente che retributiva" (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 2315 del 2014, cit.). Da quanto precede deriva che "il fondamento e la funzione di tale istituto" risiedono nella esigenza "di approntare uno strumento mediante il quale riuscire a neutralizzare gli atti fraudolenti compiuti dal reo e finalizzati al depauperamento del patrimonio in pregiudizio del creditore: donde la necessità, avvertita dal codificatore, di predisporre una tutela più rafforzata rispetto a quella ordinaria civilistica, come si desume dal fatto che lo stesso art. 2904 cod. civ., a chiusura della sezione dedicata all'azione revocatoria, fa salve le disposizioni dettate su tale istituto in materia fallimentare e in materia penale" (cfr. ancora Cass. Sez. 3, sent. n. 2315 del 2014, cit.).

Cassazione n. 12627/2018

In sede di opposizione all'esecuzione, come l'opponente può contestare il diritto di procedere all'esecuzione forzata, adducendo l' impignorabilità del bene staggito perché conferito ad un fondo patrimoniale, sorta anteriormente alla formazione del titolo esecutivo giudiziale od al conseguimento della sua definitività, così, simmetricamente, non è precluso al creditore procedente di replicare che la pignorabilità del bene deriva dall'applicazione dell'art. 192 cod. pen., qualora il fondo sia stato costituito dall'autore del reato dopo la commissione dello stesso, attesa l'inesistenza di un rapporto di pregiudizialità tra azioni revocatorie, tanto più di quella penale, rispetto all'opposizione all'esecuzione che si fondi sull'impignorabilità di beni che siano oggetto di queste (Sez. 3, n. 23158 del 31/10/2014).

Cassazione n. 40500/2017

Presupposto per l'esercizio dell'azione revocatoria penale ex art. 192 cod. pen. è la declaratoria di colpevolezza dell'autore del reato, sicché il termine di prescrizione dell'azione decorre dalla data cui risale tale declaratoria e non da quella del compimento dell'atto di disposizione contestato, poiché solo con la prima si identifica il momento in cui l'azione, ai sensi dell'art. 2935 cod. civ., può essere utilmente esercitata, fermo restando che la durata di tale termine, nonché la sua interruzione e sospensione, sono disciplinate dalle regole dettate in via generale dal codice civile in materia di prescrizione, in quanto l'azione in esame è pur sempre riconducibile al più ampio genere della "actio pauliana". Ne consegue che - in applicazione delle regole civilistiche di cui ai commi primo e terzo dell'art. 2045 cod. civ. - il termine di prescrizione è interrotto dall'esecuzione di una misura cautelare o dall'instaurazione di un giudizio risarcitorio e rimane sospeso per tutta la durata del giudizio - civile o penale che sia - destinato a concludersi con la pronuncia del titolo esecutivo che riconosce al danneggiato la qualità di creditore.

Valeria Zeppilli

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