La clausola che istituisce la 'doppia una tantum' viola anche i presupposti dell'assegno divorzile e della sua natura assistenziale e pubblicistica

di Lucia Izzo - L'assegno "una tantum" permette al coniuge una forma di somministrazione alternativa della somma divorzile normalmente corrisposta in via periodica e rappresenta, secondo la dottrina, una deroga eccezionale al regime della indisponibilità legalmente fissato, richiedendo un controllo dell'autorità giudiziaria


Pertanto, la pattuizione tra coniugi che predispone un reciproco assegno "una acto" rappresenta un negozio sostanzialmente privato di un istituto dalla natura assistenziale e pubblicistica quale quello dell'assegno divorzile, ponendosi in contrasto con l'ordine pubblico.


Questo il principio espresso dalla nona sezione del Tribunale di Milano con decreto del 15-16 aprile 2015 (Pres. Servetti, rel. Buffone), originato da un'istanza presentata da due ex coniugi presso la giurisdizione meneghina, in quanto luogo di celebrazione del matrimonio e di normale residenza della moglie. 

Tuttavia, la coppia (in virtù dell'art. 5 del Reg. 1259 del 2010) decideva di applicare al processo la legislazione Svizzera, luogo dove la famiglia aveva risieduto in ultimo e di abituale residenza anagrafica del marito. 


Nel caso di specie i coniugi, pur scegliendo l'applicazione della legge elvetica, richiamavano nell'accordo norme della legge italiana tra cui l'art. 5 della l. 898/1970: i due istituivano, tramite una pattuizione privata, lo scambio reciproco di un assegno divorzile una tantum, andando contro i principi di ordine pubblico interno. 


La ratio dell'istituto dell'assegno divorzile è quella di approntare uno strumento di natura assistenziale, allo scopo di soccorrere, anche dopo lo scioglimento del vincolo matrimoniale, la persona con la quale si era realizzata una comunione di vita materiale e morale la quale subisca a causa del divorzio un deterioramento del suo libello esistenziale. 


Un contestuale scambio patrimoniale tra le parti, non consente di identificare le due posizioni soggettive necessarie, ossia da un lato un coniuge "forte" economicamente il cui livello assistenziale non viene deteriorato dal divorzio, dall'altro un coniuge "debole" che necessita di un sostegno economico. 


Pur essendo ammessa dalla legge la possibilità di liquidare l'assegno divorzile in unica soluzione, questa scelta non è affidata liberamente ai coniugi ma richiede un controllo giudiziariopoiché la pattuizione, "mirando a regolare per il futuro il diritto all'emolumento divorzile, incide in modo significativo sul regime di indisponibilità" e richiede un sindacato di congruità. 


Per tali ragioni, la clausola istitutiva di una c.d. "doppia una tantum" si pone in stridente contrasto con i profili pubblicistici e con il principio di ragionevolezza: stravolge i presupposti operativi dell'istituto, perché deve ritenersi che o entrambi i coniugi sono "forti" o entrambi sono "deboli", ed inoltre relega al confine della negoziabilità privata gli elementi costitutivi dell'assegno divorzile "una acto" consentendo alla misura solidaristica di formarsi fuori dalla cornice imperativa riconosciuta dal legislatore. 


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