Lia, adorata suocera (Vi assicuro non è un ossimoro), mi domanda a bruciapelo che significhi 'accabadora' ed, ignorandolo, mi arrangio rifacendomi al cognome dell'autrice dell'opera, Michela Murgia, che ha appena vinto il premio Campiello 2010; le rispondo che forse è un termine sardo (che non conosco) ma purtroppo non ho letto il libro. E' colei che ha staccato Gad Lerner, Antonio Pennacchi e Gianrico Carofiglio, conquistando la giuria dell'autorevole premio letterario. L'enigma sul titolo rimane come un tarlo sino a quando non faccio una ricerchetta come alle elementari ed apprendo che siamo al cospetto di un antico e sontuoso istituto paragiuridico della Sardegna: è sempre una donna colei che suole dare la morte al malato terminale della famiglia. Tant'è che il termine, di incerta origine spagnola (dal verbo 'acabar': terminare, finire), è sempre coordinato in endiadi: femmina-accabadora. La donna è, dunque, sia colei che dà la vita, sia colei ch'è chiamata alle faccende gravi e definitive. Il ruolo della donna appare defilato in una società maschilista che poi le appioppa le responsabilità più gravose ed odiose. Lo strumento adoperato era per lo più un martello di legno, un ramo robusto che diventava un bastone d'olivo ("su mazzolu"). La dolce morte (dal greco 'eu' buona, dolce, non dolorosa, e 'thanatos' morte: dolce e non dolorosa si fa per dire, a mazzate!) veniva posta in essere dalla femmina accabadora che entrava nella stanza del morituro di nero vestita e con il volto coperto. Secondo altre fonti, il servizio eutanasia
consisteva in atti meno cruenti che alleviassero l'agonia; pertanto, la femmina accabadora avrebbe avuto il compito non di porre fine nel senso letterale alla vita dello sciagurato, bensì di accompagnarne, con pratiche rituali, lo spirito verso l'aldilà. In ogni caso, roba grossa per palati forti: BIOETICA, per mesi non abbiamo praticamente parlato d'altro, della scelta di Beppino Englaro per sua figlia Eluana in coma irreversibile, della pronuncia della Cassazione, del provvedimento della Presidenza del Consiglio che contemplasse il divieto di sospendere alimentazione ed idratazione, il dissenso del Presidente Napolitano sul decreto dell'Esecutivo.
Studio Cataldi aveva esaminato il caso del suicidio assistito in Gran Bretagna il 26 febbraio 2010. A Milano, in occasione d'un congresso al mitico Dipartimento di Medicina Legale di Via Mangiagalli, cui mi aveva invitato l'Amico Avv. Francesco Lapenna, ascoltai un giorno di fine maggio 2010 sul tema le profonde ed acutissime riflessioni del Prof. Luciano Eusebi, Ordinario di Diritto Penale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, restandone affascinato. La relazione del Prof. Eusebi era intitolata "Problematiche di responsabilità sanitaria e status giuridico del nascituro" ma il suo intervento al convegno, molto apprezzato, fu ad ampio raggio. Auspicammo di organizzare un convegno sul tema della 'dolce morte' e sulla sospensione dell'alimentazione artificiale e delle terapie cui invitare anche Beppino Englaro. Accabadora: le parole sono un dizionario giuridico a cielo aperto.
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