La riduzione di 1/3 del compenso del difensore d'ufficio, contemplata dall'art. 106 bis del DPR n. 115/2002, può essere applicata anche se il compenso è stato calcolato in base ai minimi tariffari

Legittima la riduzione di 1/3 sui minimi tariffari

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Al difensore d'ufficio del giudizio penale può essere applicata la riduzione di 1/3 di cui all'art. 106 bis del Testo Unico in materia di spese di giustizia, anche se il compenso viene calcolato in base ai minimi tariffari. Il sacrificio delle aspettative economiche del professionista avviene in misura contenuta al fine di conciliare l'opposta esigenza di difesa e il diritto dell'avvocato a un compenso equo. Queste le precisazioni contenute nell'ordinanza della Cassazione n. 22257/2022 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Un avvocato viene nominato difensore d'ufficio in un procedimento penale. Al termine dell'incarico chiede la liquidazione del suo compenso che viene quantificato in € 960,00 Il difensore si oppone a detta liquidazione, che ritiene troppo esigua, ma il tribunale conferma il provvedimento ritenendo legittima l'applicazione dei minimi tariffari con riduzione di un terzo in base a quanto previsto dall'art. 106 bis del d.p.r. n. 115/2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia") che così dipone: "Gli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato autorizzato sono ridotti di un terzo."

Illegittima la riduzione di 1/3 sui minimi tariffari

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L'avvocato nel ricorrere in Cassazione solleva due motivi. Con il primo denuncia la violazione e la falsa applicazione della normativa relativa ai compensi degli avvocati. Per il ricorrente il tribunale ha illegittimamente liquidato un importo inferiore ai minimi tariffari, applicando sia la riduzione del 50% dei parametri medi che l'ulteriore diminuzione di un terzo prevista per i giudizi penali. Con il secondo denuncia l'insufficiente motivazione dell'ordinanza con cui il Tribunale ha dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto applicabili i minimi tabellari.

Occorre conciliare diritto di difesa ed equo compenso

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La Cassazione però respinge il ricorso ritenendo i motivi sollevati inammissibili.

Gli Ermellini ricordano che l'importo che è stato liquidato, pari ad euro € 960,00 è il risultato dell'applicazione congiunta dei minimi tabellari e della riduzione di un terzo previsto per la difesa d'ufficio in base all'articolo 106 bis del d.p.r. 115 del 2002, riduzione sul compenso quantificato nei minimi riconosciuta dalla giurisprudenza di questa corte.

"La liquidazione della spettanza del difensore della persona ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato

non deve superare il valore medio della tariffa, né tale valore di partenza può essere ridotto al di sotto del minimo (…). Sul compenso così determinato, anche se nei valori minimi, la successiva applicazione della ulteriore decurtazione di cui al d.p.r. numero 115 del 2002, articolo 106 bis, non costituisce violazione del minimo tariffario: la norma costituisce disposizione speciale, applicabile alle liquidazione del compenso previsto per i difensori d'ufficio dell'imputato irreperibile, per le quali sussistono le medesime esigenze di contemperamento tra la tutela dell'interesse generale alla difesa di non abbiente ed il diritto dell'avvocato ad un compenso equo, che avevano condotto questa Corte a ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del d.p.r. numero 115 del 2002 articolo 130 in tema di gratuito patrocinio. Anche in questo caso, infatti, si configura un contenuto sacrificio delle aspettative economiche del professionista , che non ne svilisce il ruolo, posto che la riduzione prevista dall'articolo 106 bis non riduce il compenso ad un valore meramente simbolico ne viene determinato a prescindere dalla valutazione della natura contenuto e pregio dell'attività."

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