Pena esemplare
Se ci sforziamo di trovare un termine entrato nel linguaggio comune, "pena esemplare" si colloca senza dubbio tra le prime posizioni.
Ogni volta che viene commesso un crimine efferato o si verifica un evento delittuoso che tocca in qualche modo il cuore del cittadino, ancor prima che inizino le indagini, o nel corso delle stesse, o durante il processo, ognuno, vestendo i panni del "giudice supremo", è pronto a invocare una pena esemplare.
Pena esemplare.
Qualcuno la declina anche nella versione "senza sconti", ergendosi anche a giudice dell'esecuzione di quella pena che, si badi bene, dovrà essere esemplare.
Deve essere importante questa pena esemplare.
Ma di essa non c'è traccia né nel codice penale né in quello di procedura penale.
Sarà certamente all'interno del testo sacro ai giuristi: la Costituzione Repubblicana.
Ma di pena esemplare, neanche una traccia.
Rimane un'ultima speranza: la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Ma anche lì nemmeno l'ombra.
Come è possibile che proprio il Diritto non conosca la pena esemplare?
Ma la risposta è semplice: la pena esemplare non esiste e invocarla è un errore già dal punto di vista morale prima ancora che giuridico.
La pena esemplare, ossia "da esempio", "da modello" per gli altri - un po' come le decapitazioni o fucilazioni che avvenivano in piazza, nei tempi più bui, così da essere da monito per un cittadino che doveva avere paura al solo pensiero di commettere un reato (in funzione, direbbero i fini giuristi, della prevenzione generale) -, contrasta con i più elementari principi costituzionali.
Il riferimento è sia all'art. 2 della Costituzione, che codifica il principio della solidarietà sociale (il "volemose bene" di Wojtyliana memoria), sia all'art. 27 della medesima Carta, laddove impone la determinazione della pena secondo finalità retributive - in modo tale che sia proporzionata a quello specifico fatto di reato commesso da quel singolo consociato - nel rispetto della responsabilità penale personale - affinché ciascuno sia chiamato a rispondere solo dei propri reati e non anche di quelli commessi o che potranno essere commessi da altri - e in una prospettiva (tendenzialmente) rieducativa e cioè funzionale al reinserimento sociale di chi la sconta. Una pena eccessiva, sproporzionata o finanche spropositata, disancorata dagli indicati parametri, tradirebbe questo intento.
La pena esemplare, in una cultura giuridica che sia realmente tale, è una aberrazione ed è auspicabile che scompaia per sempre anche dal linguaggio comune.
La speranza è che un domani - nella Terra un tempo dei Santi, dei Poeti e dei Navigatori, oggi degli Allenatori, Virologi, Opinionisti e Fini Giuristi -, a corredo di un evento delittuoso segua l'invocazione, una volta accertata la responsabilità e laddove proprio non se ne possa fare a meno, di una "pena giusta" e non di una "pena esemplare".
Autore: Valerio de Gioia