Dott. Agostino Saviano - savago1975a@libero.it

Il Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria nacque dalla necessità di definire delle procedure di comportamento che potessero contribuire a interpretare, nel rispetto della normativa vigente, le attività che riguardano alcuni aspetti della complessa attività forense e investigativa.

Alcuni passaggi normativi risultarono essere fondamentali al fine della nascita e dell'adozione del predetto Codice. 

L'art. 27 della direttiva n. 95/46/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995, secondo cui gli Stati membri e la Commissione avevano incoraggiato l'elaborazione di codici di condotta destinati a contribuire, in funzione delle specificità settoriali, alla corretta applicazione delle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva adottate dagli Stati membri.

Per di più, gli articoli 12 e 154, comma 1, lettera e) del Codice in materia di protezione dei dati personali (D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196), i quali attribuiscono al Garante il compito di promuovere nell'ambito delle categorie interessate, nell'osservanza del principio di rappresentatività e tenendo conto dei criteri direttivi delle raccomandazioni del Consiglio d'Europa sul trattamento dei dati personali, la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori, verificarne la conformità alle leggi e ai regolamenti anche attraverso l'esame di osservazioni di soggetti interessati e contribuire a garantirne la diffusione e il rispetto.

Inoltre, l'art. 135 del Codice con il quale venne demandato al Garante il compito di promuovere la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuati per svolgere le investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397 o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, in particolare da liberi professionisti o da soggetti che esercitano un'attività di investigazione privata autorizzata in conformità alla legge.

La deliberazione n. 3 del 16 febbraio 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 1 marzo 2006, con la quale il Garante promuoveva la sottoscrizione del predetto codice di deontologia e di buona condotta.

Infine, la successiva deliberazione n. 31-bis del 20 luglio 2006 con la quale il Garante aveva adottato in base all'art. 156, comma 3, lettera a) del Codice il regolamento n. 2/2006 concernente la procedura per la sottoscrizione dei codici di deontologia e di buona condotta da parte di soggetti pubblici e privati i quali manifestavano la volontà di partecipare all'adozione di tale codice.

In relazione all'attività svolta dagli investigatori privati, il Capo IV disciplina specificamente il comportamento che tali professionisti devono osservare.

Difatti, l'art. 8 precisa che l'investigatore privato:   

- organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati personali secondo le modalità di cui all'articolo 2, comma 1 (l'organizzazione del trattamento anche non automatizzato dei dati personali secondo le modalità che risultino più adeguate, caso per caso, a favorire in concreto l'effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità degli interessati, applicando i principi di finalità, necessità, proporzionalità e non eccedenza sulla base di un'attenta valutazione sostanziale e non formalistica delle garanzie previste, nonché di un'analisi della quantità e qualità delle informazioni che utilizza e dei possibili rischi);

- non può intraprendere di propria iniziativa investigazioni, ricerche o altre forme di raccolta dei dati. Tali attività possono essere eseguite esclusivamente sulla base di apposito incarico conferito per iscritto e solo per le finalità di cui al codice;

- l'atto d'incarico deve menzionare in maniera specifica il diritto che si intende esercitare in sede giudiziaria, ovvero il procedimento penale al quale l'investigazione è collegata, nonché i principali elementi di fatto che giustificano l'investigazione e il termine ragionevole entro cui questa deve essere conclusa;

- deve eseguire personalmente l'incarico ricevuto e può avvalersi solo di altri investigatori privati indicati nominativamente all'atto del conferimento dell'incarico, oppure successivamente in calce a esso qualora tale possibilità sia stata prevista nell'atto di incarico. Restano ferme le prescrizioni relative al trattamento dei dati sensibili contenute in atti autorizzativi del Garante;

- nel caso in cui si avvalga di collaboratori interni designati quali responsabili o incaricati del trattamento in conformità a quanto previsto dagli artt. 29 e 30 del Codice, l'investigatore privato formula concrete indicazioni in ordine alle modalità da osservare e vigila, con cadenza almeno settimanale, sulla puntuale osservanza delle norme di legge e delle istruzioni impartite. Tali soggetti possono avere accesso ai soli dati strettamente pertinenti alla collaborazione a essi richiesta;

- il difensore o il soggetto che ha conferito l'incarico devono essere informati periodicamente dell'andamento dell'investigazione, anche al fine di permettere loro una valutazione tempestiva circa le determinazioni da adottare riguardo all'esercizio del diritto in sede giudiziaria o al diritto alla prova.

Il seguente art. 9 individua altre regole di comportamento quali l'astenersi dal porre in essere prassi elusive di obblighi e di limiti di legge e, in particolare, conforma ai principi di liceità e correttezza del trattamento sanciti dal Codice:

a) l'acquisizione di dati personali presso altri titolari del trattamento, anche mediante mera consultazione, verificando che si abbia titolo per ottenerli;

b) il ricorso ad attività lecite di rilevamento, specie a distanza, e di audio/videoripresa;

c) la raccolta di dati biometrici.

Tra l'altro, l'investigatore privato rispetta nel trattamento dei dati le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 4, 5 e 6 del codice.

Circa tale aspetto, si deve sottolineare quanto segue.

Il richiamato art. 2 pone specifica attenzione è prestata all'adozione di idonee cautele per prevenire l'ingiustificata raccolta, utilizzazione o conoscenza di dati in caso di:

a) acquisizione anche informale di notizie, dati e documenti connotati da un alto grado di confidenzialità o che possono comportare, comunque, rischi specifici per gli interessati;

b) scambio di corrispondenza, specie per via telematica;

c) esercizio contiguo di attività autonome all'interno di uno studio;

d) utilizzo di dati di cui è dubbio l'impiego lecito, anche per effetto del ricorso a tecniche invasive;

e) utilizzo e distruzione di dati riportati su particolari dispositivi o supporti, specie elettronici (ivi comprese registrazioni audio/video), o documenti (tabulati di flussi telefonici e informatici, consulenze tecniche e perizie, relazioni redatte da investigatori privati);

f) custodia di materiale documentato, ma non utilizzato in un procedimento e ricerche su banche dati a uso interno, specie se consultabili anche telematicamente da uffici dello stesso titolare del trattamento situati altrove;

g) acquisizione di dati e documenti da terzi, verificando che si abbia titolo per ottenerli;

h) conservazione di atti relativi ad affari definiti.

Nel caso in cui i dati fossero trattati per esercitare il diritto di difesa in sede giurisdizionale, ciò può avvenire anche prima della pendenza di un procedimento, semprechè i dati medesimi risultino strettamente funzionali all'esercizio del diritto di difesa, in conformità ai principi di proporzionalità, di pertinenza, di completezza e di non eccedenza rispetto alle finalità difensive (art. 11 del Codice).

Sono utilizzati lecitamente e secondo correttezza:

a) i dati personali contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti conoscibili da chiunque, nonché in banche di dati, archivi ed elenchi, ivi compresi gli atti dello stato civile, dai quali possono essere estratte lecitamente informazioni personali riportate in certificazioni e attestazioni utilizzabili a fini difensivi;

b) atti, annotazioni, dichiarazioni e informazioni acquisite nell'ambito di indagini difensive, in particolare ai sensi degli articoli 391-bis, 391-ter e 391-quater del codice di procedura penale, evitando l'ingiustificato rilascio di copie eventualmente richieste. Se per effetto di un conferimento accidentale, anche in sede di acquisizione di dichiarazioni e informazioni ai sensi dei medesimi articoli 391-bis, 391-ter e 391-quater, sono raccolti dati eccedenti e non pertinenti rispetto alle finalità difensive, tali dati, qualora non possano essere estrapolati o distrutti, formano un unico contesto, unitariamente agli altri dati raccolti.

Circa la conservazione e la cancellazione dei dati, l'art. 10 chiarisce che:

- nel rispetto dell'art. 11, comma 1, lett. e) del Codice della Privacy i dati personali trattati dall'investigatore privato possono essere conservati per un periodo non superiore a quello strettamente necessario per eseguire l'incarico ricevuto. A tal fine deve essere verificata costantemente, anche mediante controlli periodici, la stretta pertinenza, non eccedenza e indispensabilità dei dati rispetto alle finalità perseguite e all'incarico conferito;

- una volta conclusa la specifica attività investigativa, il trattamento deve cessare in ogni sua forma, fatta eccezione per l'immediata comunicazione al difensore o al soggetto che ha conferito l'incarico, i quali possono consentire, anche in sede di mandato, l'eventuale conservazione temporanea di materiale strettamente personale dei soggetti che hanno curato l'attività svolta, a i soli fini dell'eventuale dimostrazione della liceità e correttezza del proprio operato. Se è stato contestato il trattamento il difensore o il soggetto che ha conferito l'incarico possono anche fornire all'investigatore il materiale necessario per dimostrare la liceità e correttezza del proprio operato, per il tempo a ciò strettamente necessario;

- la sola pendenza del procedimento al quale l'investigazione è collegata, ovvero il passaggio ad altre fasi di giudizio in attesa della formazione del giudicato, non costituiscono, di per se stessi, una giustificazione valida per la conservazione dei dati da parte dell'investigatore privato.

Per concludere, l'art. 11 relativo all'informativa stabilisce che l'investigatore privato può fornire l'informativa in un unico contesto ai sensi dell'articolo 3 del codice, ponendo in particolare evidenza l‘identità e la qualità professionale dell'investigatore, nonché la natura facoltativa del conferimento dei dati.

Dott. Agostino Saviano - savago1975a@libero.it


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