Domani, 9 aprile 2010, si terrà un incontro-fiume in Roma, presso la sede di Via del Governo Vecchio del Consiglio Nazionale Forense, con tutti i Consigli dell'Ordine italiani. Verranno elaborati in forma compiuta i primi suggerimenti per adempiere alle direttive imposte dal Decreto Legislativo n°28 del 4 marzo 2010 sulla conciliazione. Si ricorderà in proposito il recente intervento di Luisa Foti del 29 marzo 2010; da tale nota è possibile consultare tutto il formante legislativo che sta entrando in vigore in due tranches (20 marzo 2010 - 20 marzo 2011); il Portale non mancherà di seguire con la migliore assiduità l'evoluzione della questione, apportando sin dai prossimi giorni una serie di contributi sulla materia di cogente attualità. Si tratteranno i vari aspetti vantaggiosi, i crediti d'imposta, gli obblighi per gli avvocati, le funzioni del conciliatore professionista e le restanti forme di definizione compositiva delle controversie.
Per il momento va ricordato che è già in vigore l'obbligo di informativa all'assistito della possibilità di esperire la procedura di conciliazione nel catalogo di materie prescelto dal legislatore. Parimenti operativa è la disposizione che permette al giudice di sollecitare la conciliazione facoltativa, prevista anche dalla Direttiva comunitaria n°2008/52/Ce e che si affianca alla mediazione giudiziale. Il giudice di primo o secondo grado formula l'invito in base allo stato del processo, alla natura del giudizio ed al comportamento delle parti; se le parti aderiscono, il giudice provvede a fissare la nuova udienza dopo la scadenza del termine per esperire la mediazione. L'adesione delle parti litiganti è stata prevista per scongiurare ipotesi in cui si riveli impossibile comporre in via stragiudiziale la res litigiosa ed agli occhi dei protagonisti l'invito del giudice appaia meramente dilatorio.
Ma nella vita giudiziale vi sono situazioni veramente disperate oppure soltanto parti ed avvocati che hanno perso la speranza di raggiungere una composizione magari non amichevole, ma almeno dignitosa? Sarebbe forse il caso di seguire il virtuoso esempio del Giappone, il cui popolo vanta una propensione naturale alla conciliazione come descritto nella news del 21 febbraio 2010. Esiste una storia che si racconta nei corsi di formazione per conciliatori, materia che, volente o nolente, ho dovuto approfondire qualche tempo fa nella stesura di un passo di una pubblicazione chiestami da un primario editore giuridico: uno sceicco morì lasciando in eredità ai suoi tre figli diciannove cammelli, impartendo, però, l'ordine che il primo figlio prendesse la metà degli artiodattili, il secondo un quarto ed il terzo un quinto, con l'ovvia premessa, da fervido amante degli animali, che rimanessero in vita e non fossero salomonicamente macellati. Cominciò una litigata infinita tra i tre eredi che non sapevano proprio come mettersi d'accordo. Senonché, una donna saggia aggiunse il proprio cammello ai diciannove in contestazione permettendo le spartizioni corrette.
Problem solving: al più grande spettarono dieci animali, al mezzano cinque ed al giovane quattro: la saggia ripartì a cavallo del cammello senza lasciar traccia del suo passaggio. Proprio come deve fare il conciliatore professionale, che sblocca l'impasse tra le parti. L'impegno congiunto che si richiede a magistrati ed avvocati è forte: riappropriarsi di un ruolo, di una responsabilità pubblica con l'offerta di una Giustizia alternativa, complementare e sussidiaria che funzioni. Soltanto conseguendo tale fine avrà un senso la sanzione di annullabilità che tanto ha offeso il ceto forense. Mi sono fatto la convinzione che il buon avvocato sa bene che il cliente soddisfatto ritorna e che farà proselitismo. Ed il cliente è soddisfatto quando la soluzione al problema perviene in tempi ragionevoli. Sì, la conciliazione può essere utile per la nostra professione; lo conferma la stragrande maggioranza dei legali statunitensi che utilizza con assiduità la procedura.
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