Un parere del Consiglio di Stato dà il via libera all'uso di sacchetti reperiti autonomamente dal consumatore, ma solo se conformi al contatto con gli alimenti

di Lucia Izzo - Al supermercato o dal fruttivendolo si potranno utilizzare i sacchetti monouso (c.d. bio-shopper ultraleggeri) per frutta e verdura portati da casa oppure acquistati altrove, ma solo se questi risultino conformi agli standard imposti alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti. Gli esercizi commerciali non potranno impedire l'uso dei sacchetti autonomamente reperiti dal consumatore, ma dovranno vigilare sulla loro idoneità.


Il via libera sul punto, che aveva ingenerato numerosi interrogativi tra i consumatori, è stato dato dal Consiglio di Stato nel parere n. 859/2018 (qui sotto allegato) che ha risposto a quesiti in merito alle nuove disposizioni su produzione e commercializzazione dei sacchetti per alimenti disponibili a libero servizio, introdotte dall'art. 226-ter del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152.


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Sacchetti di plastica a pagamento: la normativa

Allo scopo di attuare la direttiva (UE) 2015/720 è stato introdotto l'art. 9-bis del d.l. n. 91/2017, (convertito nella legge 3 agosto 2017, n. 123) quale disciplina volta alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero.

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Tale norma, tra l'altro, dispone che: "le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite".

Sacchetti frutta e verdura: possibile portarli da casa

I quesiti pervenuti al Ministero e su cui si focalizza il Consiglio di Stato riguardano la possibilità (se e a quali condizioni) i consumatori possano utilizzare borse o contenitori di qualsiasi natura già in proprio possesso.

Si tratta, in particolare, degli shoppers biodegradabili e ultraleggeri che vengono usualmente utilizzati negli esercizi commerciali a libero servizio direttamente dalla clientela per inserirvi gli alimenti da acquistare quali frutta e verdura, i quali, a seguito della nuova disposizione, non possono più essere ceduti a titolo gratuito.

Il Consiglio, richiamando i principi ispiratori della normativa interna e di quella comunitaria, rammenta come uno degli scopi principali sia stato quello di limitare al diffusione delle borse in plastica (agenti gravemente inquinanti dell'ambiente) e, in generale, combattere l'inquinamento derivante dai prodotti plastici.

In tale contesto si inserisce la previsione della necessaria commercializzazione a pagamento delle buste di plastica in materiale ultraleggero che spinge a "sensibilizzare il consumatore relativamente all'utilizzo della borsa in materiale plastico, in quanto prodotto inquinante, inducendolo a farne un uso oculato e parsimonioso, potendo oltretutto la stessa essere riutilizzata in ambito domestico per le finalità più varie".

In questa ottica, la borsa, per legge, è un bene avente un valore autonomo edì indipendente da quello della merce che è destinata a contenere, come conferma la circostanza che il prezzo di vendita delle singole unità dovrà risultare dallo scontrino.

Pertanto, conclude il Consiglio, deve assumersi che le menzionate shoppers siano beni autonomamente commerciabili e, pertanto, non potranno essere sottratte alla logica di mercato e dovrà ammettersi "la facoltà del loro acquisto all'esterno dell'esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzate".

Ma non è tutto: poichè la necessaria onerosità della busta in plastica ha come scopo anche quello di incentivare l'utilizzo di materiali alternativi alla plastica, meno inquinanti, quale in primo luogo la carta, dovrà anche ammettersi la possibilità di utilizzare contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quale frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore.

Dunque i consumatori potranno utilizzare sacchetti dagli stessi reperiti al di fuori degli esercizi commerciali nei quali sono destinati a essere utilizzati e gli operatori del settore alimentare non potranno impedire tale facoltà. Ma vanno fatte salve alcune precisazioni.

Sacchetti da casa solo se idonei a contenere alimenti

Tale facoltà, spiega il parere, non dovrà tuttavia mettere a rischio la tutela della sicurezza e igiene degli alimenti: infatti, non ogni involucro risulta idoneo all'imballaggio degli alimenti ed è lo stesso legislatore a dettare precise regole relative ai materiali che possono venire a contatto diretto con alimenti o bevande (cfr. reg. CE 1935/2004)

Quindi, laddove il consumatore non intenda acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato dall'esercizio commerciale per l'acquisto di frutta e verdura sfusa, questi potrà utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti solo se comunque idonei a preservare l'integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge.

Spetterà a ciascun esercizio commerciale, spiega il Consiglio, secondo le modalità dallo stesso ritenute più appropriate, verificare l'idoneità e la conformità a legge dei sacchetti utilizzati dal consumatore, siano essi messi a disposizione dell'esercizio commerciale stesso, siano essi introdotti nei locali autonomamente dal consumatore.

L'esercizio commerciale, in quanto garante dell'integrità dei prodotti ceduti dallo stesso, potrà vietare l'utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consumatore solo se non conformi alla normativa di volta in volta applicabile per ciascuna tipologia di merce, o comunque in concreto non idonei a venire in contatto con gli alimenti.



Consiglio di Stato, parere n. 859/2018

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