La domanda è infondata e non può essere accolta. In primis è da affermare che la legge n. 801 del 1977, nel conferire al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri della Difesa e dell' Interno potestà normativa, ?anche in deroga ad ogni disposizione vigente? in riferimento alla determinazione del trattamento giuridico ed economico del personale assegnato agli OO.I.S., non prevedeva analoga potestà per il trattamento di quiescenza. Escludono tale estensione i criteri ermeneutici individuati dal nostro ordinamento, in specie quello letterale e logico - sistematico. Infatti sia il dato letterale sia il criterio logico, consentono di affermare che tale eccezionale potestà normativa valeva solo per il personale in servizio (per il quale poteva essere opportuna una normativa speciale volta ad assicurare che gli stipendi del personale delle OO.I.S. fossero adeguati alle caratteristiche del lavoro da esso svolto ed ai correlativi rischi, e funzionali ad una salvaguardia della riservatezza), mentre non trovavano alcun riscontro nei confronti del personale in quiescenza. Vieppiù la pretesa della parte ricorrente volta ad ottenere l' applicazione, nei suoi confronti, di criteri di perequazione difformi da quelli previsti per la generalità dei pensionati pubblici dall' art. 11 del d.l.vo n. 503 citato, non trova alcun supporto neppure nella normativa da lui invocata. Il provvedimento sopra menzionato (D.P.C.M. del maggio 1984) non prevedeva, come suddetto, in alcun modo l' allineamento automatico delle pensioni
agli stipendi, ma prevedeva soltanto ?l'eventuale estensione? al personale in quiescenza degli adeguamenti stipendiali triennali attribuiti al personale in servizio. In buona sostanza la norma conferiva all' Amministrazione la facoltà, e non l' obbligo, di estendere ai pensionati i criteri di adeguamento previsti per le retribuzioni del personale in servizio; a tale facoltà non corrispondeva alcun diritto dei pensionati, atteso che l' estensione ad esso dei criteri di adeguamento periodico previsti per gli stipendi era prevista soltanto come eventuale. E se è vero che l' Amministrazione ha esercitato ripetutamente la facoltà prevista dalla norma, ciò non radica un' aspettativa
o una pretesa volta ad ottenere l' indefinita ripetizione dell' estensione essendo, come suddetto, eventuale e collegata a valutazioni discrezionali: in ogni modo tale facoltà non era più esercitatile dopo la previsione dell' art. 59, comma 4 della legge n. 449/1997, che aveva definitivamente precluso ogni forma di perequazione diversa da quella di cui all' art. 11 del d.l.vo n. 503/1992... LaPrevidenza.it, 08/09/2005
Corte dei Conti Toscana, Sentenza 17 giugno 2005 n° 349

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