Il Tribunale ha respinto oggi il ricorso presentato dal costituzionalista Valerio Onida sul referendum costituzionale

di Marina Crisafi - Gli italiani saranno chiamati a votare il 4 dicembre il referendum di riforma costituzionale. Salta, infatti, ogni dubbio, in seguito alla decisione di oggi del Tribunale di Milano di respingere il ricorso del costituzionalista Valerio Onida sul quesito referendario.

Sciolta la riserva dei giorni scorsi, il giudice Loretta Dorigo, come annunciato da una nota del presidente del tribunale meneghino, Roberto Bichi, ha depositato le ordinanze con le quali rigetta i ricorsi presentati a fine ottobre da Valerio Onida e da un gruppo di legali, avverso lo svolgimento della consultazione popolare.

I ricorsi

Nel mirino dei ricorrenti, si ricorda, c'era lo "spacchettamento" del quesito referendario e si chiedeva che la Consulta si pronunciasse sul diritto a votare "su quesiti non eterogenei", a tutela della libertà di voto, affermando in sostanza se è giusto o meno che un interrogativo faccia riferimento a più domande.

È il caso del quesito cui gli italiani dovranno rispondere il prossimo 4 dicembre, esprimendo un sì o un no su ben 5 materie diverse tra loro (superamento bicameralismo paritario, riduzione numero parlamentari, contenimento costi politica, abolizione Cnel e revisione titolo V Costituzione).

Da qui la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale.

La decisione

Ma il tribunale di Milano, sciogliendo la riserva, ha deciso di non inviare alcunché alla Consulta. "Il diritto di voto non pare leso dalla presenza di un quesito esteso e comprensivo di un'ampia varietà di contenuti", scrive la giudice nel provvedimento col quale respinge i ricorsi. La stessa Costituzione

(art.138), si legge ancora, connota "l'oggetto del referendum costituzionale come unitario e non scomponibile" e parcellizzando i quesiti, l'elettore, libero di scegliere su ognuno singolarmente, finirebbe "per intervenire quale organo propulsore dell'innovazione costituzionale contro la lettera della norma". In sostanza, più quesiti su più temi trasformerebbero la consultazione popolare in un "referendum propositivo". Per cui, nessun diritto leso e nessun intervento del giudice delle leggi: il referendum s'ha da fa. 

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