Lex & the City - pensieri leggeri politicamente (s)corretti - episodio 39

Chiunque abbia a che fare con il mondo scolastico non finirà mai di ripetere che....riforma che vien fatta, danno che viene creato. Ed effettivamente a vedere gli effetti di tagli e ridisegni del sistema scolastico italiano, non è poi così sbagliata cotale espressione.

Ancor più veritiera se supportata da una vera e propria bocciatura da parte dei giudici della Consulta, che si sono accaniti nello specifico contro un articolo della Riforma Gelmini sul sistema universitario. L'articolo, che sarà cancellato, è il 25 della legge 240 del 2010, e prevede il pensionamento al compimento dei 70 anni. Nessuna possibilità di proroga di due anni prevista invece per gli altri dipendenti statali: "L'art. 16 del dl 30 dicembre 1992, n. 503 non si applica a professori e ricercatori universitari." (rimandando così ad un altro articolo, tanto per agevolare i comuni mortali, ndr).

A mettere in discussione la costituzionalità di questo articolo è stata la vicenda personale di un professore universitario, della università romana di Tor Vergata. Il docente, al compimento dei 70 anni, aveva fatto richiesta al Rettore dell'ateneo si poter prorogare di due anni la sua "uscita di scena"; richiesta che era stata respinta, proprio in virtù della riforma voluta dal Governo Berlusconi.

Una riforma che, alla luce dei risvolti attuali, ha creato parecchi danni. In primis a ben 25mila ricercatori universitari, posizione che la legge ha cercato di cancellare, e che ora si trovano in una situazione di precarietà. Un vero e proprio limbo professionale da cui non riescono ad uscire, dato che da ben tre anni aspettano un concorso (mai istituito) per poter passare al ruolo di docenti associati. La figura di ricercatore, per volontà della riforma, avrebbe dovuto sparire dal mondo accademico, ricollocando, però, dignitosamente gli ultimi ammessi a tale ruolo.

Nel caso specifico del professore "pensionato forzato" proprio la disparità di trattamenti, tra impiegati del settore dell'istruzione e tra quelli del pubblico, ha spinto i giudici a bocciare perché incostituzionale il suddetto articolo. Perché appare "priva di giustificazioni l'esclusione della sola categoria dei professori e ricercatori universitari" dalla possibilità di ottenere la proroga di due anni "quando proprio per tale categoria l'esigenza di mantenere in servizio docenti in grado di dare un positivo contributo per la particolare esperienza professionale acquisita in determinati o specifici settori". Concludendo con la constatazione che l'articolo "introduce una disciplina sbilanciata e irrazionale, che si pone in deciso contrasto con il principio costituzionale del buon andamento dell'azione amministrativa".
Barbara LG Sordi
Email barbaralgsordi@gmail.it

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: