La Cassazione ricorda che non sono ammessi trattamenti contrari al senso di umanità nei confronti dei datenuti e invita a non infliggere che superano l'umana tollerabilità, soprattutto a coloro che si trovano "in condizioni di salute non perfette". Il monito arriva dalla prima sezione penale che ricorda come una sofferenza aggiuntiva e' inevitabile ogni qualvolta la pena debba essere eseguita nei confronti di soggetto in non perfette condizioni di salute. Ma tale sofferenza puo' assumere rilievo s si appalesa presumibilmente "di entita' tale da superare i limiti della umana tollerabilita'". Sulla scorta di questo principio la Corte (sentenza n.30511/2010) ha accolto il ricorso di un detenuto che doveva scontare una pena di 5 anni di reclusione. L'uomo si era visto negare il differimento della pena che aveva chiesto in vista di un delicato intervento chirurgico per l'asportazione di un cancro al cervello. Il Tribunale di sorveglianza aveva detto no ai domiciliari ed aveva affermato che "il regime di detenzione non era incompatibile con la patologia" e che "il reato in espiazione impediva l'uscita dal carcere del detenuto". Il caso è finito in Cassazione che ha dato ragione al detenuto che aveva rivendicato il "diritto alla salute costituzionalmente garantito" chiedendo un trattamento detentivo "piu' umano".
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