Chiedere rapporti 'particolari' alla propria consorte mette a rischio di una condanna penale per stupro. L'avvertimento arriva dalla Corte di Cassazione secondo cui si tratta di violenza sessuale anche se lei, inizialmente, ha accettato quel tipo di rapporti. E' quanto emerge da una sentenza (n.27587/2010) con cui la Suprema Corte ha confermato una condanna per violenza sessuale inflitta ad un 48enne che costringeva la sua compagna ad avere rapporti anali. Nella ricostruzione del fatto la Corte evidenzia che lei, inizialmente, aveva accettato di avere rapporti 'non convenzionali' con il partner ma poi, aveva iniziato a negarli. Il marito a quel punto l'aveva costretta a subirli ancora ricorrendo anche a minacce. Anche la Corte di Appello di Salerno aveva emesso una sentenza
di condanna che ora Piazza Cavour ha confermato. In Cassazione l'uomo si è difeso deducendo che quei rapporti erano stati sempre accettati da lei anche prima del matrimonio. Respingendo il ricorso la Suprema Corte ha fatto notare il semplice fatto ch lei abbia inizialmente detto si non vale a giustificare la condotta prevaricatrice quando è sopraggiunto il dissenso della moglie. Tale dissenzo è "implicitamente da lui confermato quando ha dichiarato che la stessa aveva abbandonato il letto coniugale andando a dormire in un'altra stanza sul divano o a terra, avvolgendosi in una coperta". Tanto basta, secondo Piazza Cavour, per ritenere che sussistano "specifici e concreti elementi comprovanti la sua responsabilita'".

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