Lo ha stabilito la sezione tributaria della Cassazione con la sentenza 12214/2010
Con la sentenza 12214, la sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha stabilito che nel caso in cui una società di persone ottenga il condono fiscale, i benefici non si estendono ai soci della società, i quali, per poter avvalersi del beneficio del fisco, dovranno fare un'autonoma istanza. Secondo la ricostruzione della vicenda arrivata fino in cassazione, l'Agenzia delle Entrate, aveva eccepito la violazione dell'art.9 della legge n. 289/2007 in quanto la Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente ritenuto inammissibile, in capo ad un socio, l'accertamento che traeva origine da redditi della società sui quali vi era stato un condono. I giudici del Palazzaccio hanno accolto la domanda dell'Agenzia
, precisando che "il condono fiscale ottenuto dalla società di persone non estende automaticamente i propri effetti ai singoli soci, nei confronti dei quali l'Amministrazione finanziaria conserva il potere di procedere ad accertamento, e che devono pertanto presentare un'autonoma istanza per potersi avvalere del benefico; fermi restando tutti i diritti dell'Erario nei confronti dei soci che non abbiano richiesto il condono, l'imponibile preso a base dall'Ufficio per l'ammissione della società al beneficio può essere assunto dal giudice tributario come riferimento per determinare in modo congruo il reddito dei singoli soci, in considerazione della correlazione logica, giuridica ed economica tra il reddito della società e quello di partecipazione dei soci, e quindi della necessità che, nella determinazione di quest'ultimo, si tenga conto dell'imponibile accertato e definito nei confronti della società stessa".

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