La Corte di Cassazione (sentenza n. 16789/2009) ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 in relazione agli artt. 29, 3, 31 Cost., nella parte in cui "contempla il diritto all'assegno per il coniuge divorziato che non abbia mezzi adeguati". Secondo chi ha proposto la questione di legittimità "l'ordinamento imporrebbe obblighi ed oneri tra gli ex coniugi, giustificati dalla permanenza di una famiglia fondata sul matrimonio
non più esistente con il divorzio; si ravviserebbe anche violazione del principio di uguaglianza, in quanto l'obbligo di versare l'assegno cessa con il passaggio a nuove nozze del beneficiario, ma non dell'obbligato, rendendo così più difficile la costituzione di un nuovo nucleo familiare". Nel dichiarare la questione manifestamente infondata la Corte ha richiamato una decisione della Consulta (la n. 23 del 1991). La Corte Costituzionale infatti "intervenne, al riguardo, rilevando che la disciplina del divorzio tende al ripristino di una situazione di uguaglianza tra i soggetti del rapporto matrimoniale, nei limiti in cui ciè è possibile dopo lo scioglimento del vincolo, dando un'ampia e sistematica tutela (più incisiva dopo la novella del 1987) al soggetto economicamente più debole con l'apprestamento di 'adeguati strumenti giuridici', ed affermando la piena conformità al dettato costituzionale della previsione di un assegno di divorzio
, a garanzia della posizione del coniuge, che risulti economicamente pregiudicata dagli effetti dello scioglimento del matrimonio". Non siamo dunque di fronte ad una ultrattività del vincolo matrimoniale giacchè il permanere dell'obbligo di versare l'assegno dopo la cessazione del vincolo matrimonale si giustifica con il dovere di solidarietà post coniugale che è l'espressione "di un più generale dovere di solidarietà economico-sociale", pure sancito della Costituzione, all'art. 2 . Anche dopo lo scioglimento del matrimonio
, secondo Piazza Cavour, si rende doverosa una forma di assistenza tra coloro che del matrimonio stesso sono stati parti, come l'obbligo di corrispondere un assegno periodico a favore dell'ex coniuge privo di mezzi adeguati. Nella parte motiva della Sentenza la Corte auspica (de jure condendo) anche una itegrazione legislativa che preveda l'estensione della condizione del coniuge divorziato all'ipotesi di annullamento del matrimonio, "soprattutto quando il periodo di convivenza sia stato non breve, laddove la posizione del soggetto economicamente più debole appare in tal caso inadeguata, e la richiesta di annullamento del matrimonio può talora configurarsi come una vera e propria fuga dalla responsabilità, per il soggetto che con il divorzio sarebbe obbligato al pagamento di un assegno".

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