La Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 15110/2009) ha stabilito che non paga l'Irap l'avvocato o il professionista che lavora da casa. La Corte ha infatti precisato che "a norma del combinato disposto degli artt. 2, primo periodo, e 3 comma lett. c) del D.Lgs. 15.12.1997 n. 446, l'esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dal'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità , se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui".
Nel caso di specie la Corte ha osservato che "considerato che, per l'effetto, va cassata l'impugnata decisione e che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, - incontestata la circostanza che il professionista svolgeva l'attività ‘nella propria abitazione', utilizzando una libreria, il fax ed un apparecchio per videoscrittura - la causa - dovendo escludersi che tali elementi siano idonei e configurare i presupposti impositivi, desumibili dai richiamati principi, può essere decisa nel merito, con l'accoglimento dell'originario ricorso e della domanda di rimborso del contribuente".

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