In politica i confini tra lecito e illecito sono sempre più sfumati. Ancora una volta la Cassazione da il via libera a comportamenti che per un cittadino comunque sarebbero invece censurabili. Questa volta la Corte si è occupata delle critiche non fedeli alla realtà che di norma dovrebbero risultare diffamatorie. Secondo la Corte (sentenza 39938/2008) si puo' denunciare, anche attraverso l'uso di volantini, chi alimenta l'odio razziale e in tal caso un giudizio di questo tipo rientra nell'esercizio del "diritto di critica" che "assume connotazioni di maggiore opinabilita' quando si svolga in ambito politico [dove] non si richiede che l'esternazione si attenga a una fedele riproposizione di accadimenti reali, essendo lecita l'elaborazione di essi in forma critica in vista di un giudizio non necessariamente imparziale". Sulla base di questo principio la V sezione penale, ha accolto il ricorso di una segretaria di una sezione territoriale di un noto partito politico, che era stata condannata in doppio grado per diffamazione
avendo dato l'ok alla diffusione di volantini dal titolo 'Si' all'integrazione, no al razzismo'. Nei volantini si facevano nome e cognome di due avversari politici che venivano acusati di alimentare l'odio e l'intolleranza razziale. L'iniziativa era stata la risposta ad una presa di posizione (appoggiata da alcuni esponenti politici) di un gruppo di genitori di una scuola elementare contro un progetto di inserimento di bambini nomadi all'interno della scuola. Dopo la diffusoine del volantino era scattata la denuncia per diffamazione da cui scaturiva la doppia condanna in Tribunale e Corte d'Appello. A ribaltare la decisione è intervenuta ora la Suprema Corte che ha ravvisato nei fatti un legittimo esercizio del diritto di critica. Piazza Cavour ha così annullato la sentenza senza rinvio "per essere stato il fatto commesso in presenza di una causa di giustificazione".
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