Anche se i figli hanno rinunciato volontariamente a un lavoro, non cessa l'obbligo del mantenimento da parte dei genitori. I figli infatti, spiega la Corte di Cassazione (sentenza n. 24018/2008), anche se maggiorenni devono essere mantenuti finche' non si realizzano e fino a quando non abbiano trovato un lavoro consono alle proprie "aspirazioni". Proprio per questo chi rinuncia a un lavoro che non corrisponde ai propri desideri ha ancora diritto al mantenimento. Applicando questo principio la prima sezione civile della Corte ha respinto il ricorso di un papa' che voleva sottrarsi all'obbligo di mantenere un figlio ventenne che aveva dato le dimissioni volontarie dal lavoro di "disossatore di carni suine". Il ragazzo aveva infatti deciso di per iscriversi ad un corso di parrucchiere. Anche i giudici di merito avevano imposto al padre l'obbligo di versare l'assegno considerando tra le altre cose la "giovanissima eta' del figlio" e il fatto che le dimissioni da parte del giovane erano da inquadrarsi nella ricerca di "aspirazioni lavorative piu' consone alle sue inclinazioni". Nella scelta del ragazzo, secondo la Corte non vi era alcuna arbitrarieta' o atteggiamento parassitario. Nell'impianto motivazionale della sentenza i Giudici di Piazza Cavour sottolineano che "l'obbligo di mantenimento dei figli" deve "tener conto delle capacita', delle inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni; coniugazione la quale finisce del tutto svuotata di senso allorche', come nella prospettazione prescelta dal padre, la si pretende automaticamente paralizzata e risolta non appena il figlio, benche' ancora adolescente, si accontenti di uno sbocco lavorativo qualsiasi anche se tradizionalmente scarsamente ambito nella stagione adolescenziale in quanto privo di prospettive di sviluppo, essendo invece quest'obbligo chiamato ad esprimersi finche' le caratteristiche d'eta' del figlio, benche' maggiorenne, si rendano compatibili con ansie di cambiamento e di accrescimento
professionale e culturale". Naturalmente, chiarisce la Corte i figli non possono pretendere di essere mantenuti all'infinito ed occorre tenere conto dei "limiti temporali in cui le aspirazioni abbiano una ragionevole possibilita' di essere realizzate, e sempre che tale atteggiamento di rifiuto sia compatibile con le condizioni economiche della famiglia".

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