Premessa
Esiste un punto in cui la parola smette di essere esercizio di libertà e diventa fatto giuridicamente rilevante. Esiste un punto ulteriore, più grave, in cui non è più la parola a varcare il confine, ma l'immagine. Il corpo stesso della persona, sottratto al suo controllo, esposto senza consenso, trasformato in strumento di offesa.
Il caso che coinvolge Fabrizio Corona e Alfonso Signorini attraversa entrambi questi confini. Non è una vicenda di gossip. Non è una polemica televisiva. È un caso che il diritto penale è chiamato a qualificare in tutta la sua complessità, dalla diffamazione al trattamento illecito di dati, fino alla fattispecie più grave oggi contestata: il revenge porn.
La denuncia sporta da Signorini per la diffusione di fotografie che lo ritraggono nudo ha impresso alla vicenda una svolta decisiva. L'analisi deve procedere con rigore, distinguendo le fattispecie, esaminando gli elementi costitutivi, valutando il quadro probatorio per quanto pubblicamente noto. E deve farlo nel rispetto della presunzione di innocenza, che opera pienamente fino a sentenza definitiva.
Parte Prima: I fatti
La genesi della vicenda
Nel formato digitale Falsissimo, piattaforma gestita da Fabrizio Corona, è stato pubblicato un episodio intitolato "Il prezzo del successo". Il contenuto ha avuto ad oggetto Alfonso Signorini, conduttore del Grande Fratello, e ha incluso materiali di diversa natura.
Sul piano dichiarativo, il format ha ospitato un'intervista all'ex concorrente Antonio Medugno, che ha rilasciato dichiarazioni relative alla propria esperienza nel programma e ai rapporti con la produzione e la conduzione. Corona ha accompagnato l'intervista con commenti, ricostruzioni, anticipazioni di ulteriori rivelazioni.
Sul piano documentale, sono state mostrate presunte conversazioni private, chat, messaggi attribuiti a Signorini o a soggetti a lui vicini.
Sul piano visivo, e qui la vicenda assume la sua dimensione più grave, sarebbero state diffuse fotografie che ritraggono Signorini nudo, in un contesto privato, sul letto.
L'intervento dell'autorità giudiziaria
La Procura della Repubblica di Milano è intervenuta disponendo un sequestro probatorio del materiale digitale. L'intervento investigativo ha riguardato i contenuti pubblicati sulla piattaforma e i dispositivi utilizzati per la loro diffusione.
Il sequestro probatorio, disciplinato dall'articolo 253 del codice di procedura penale, consente all'autorità giudiziaria di acquisire il corpo del reato e le cose pertinenti al reato necessarie per l'accertamento dei fatti. Nel caso di specie, il sequestro ha la duplice funzione di preservare le prove e di interrompere la diffusione di contenuti potenzialmente illeciti.
La denuncia per revenge porn
Alfonso Signorini ha sporto denuncia qualificando la diffusione delle fotografie intime come revenge porn ai sensi dell'articolo 612-ter del codice penale. La denuncia ha determinato l'apertura di un fascicolo per questa specifica ipotesi di reato, che si aggiunge alle altre fattispecie astrattamente configurabili.
È essenziale precisare che ci troviamo nella fase delle indagini preliminari. Non vi è stata formulazione di imputazione, non vi è stato rinvio a giudizio, non vi è stata condanna. L'analisi che segue esamina le fattispecie astrattamente configurabili sulla base dei fatti pubblicamente noti, senza anticipare giudizi che spettano esclusivamente all'autorità giudiziaria.
Parte Seconda: Il revenge porn
La fattispecie normativa
L'articolo 612-ter del codice penale è stato introdotto dalla legge 19 luglio 2019, n. 69, nota come Codice Rosso. La rubrica recita "Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti". La collocazione sistematica, nel titolo XII del libro II dedicato ai delitti contro la persona, sezione III sui delitti contro la libertà morale, evidenzia il bene giuridico tutelato: la libertà e la dignità sessuale della persona.
La norma si articola in più commi che descrivono condotte distinte e prevedono aggravanti specifiche.
Il primo comma punisce con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000 chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. È la condotta del soggetto che ha un rapporto diretto con la creazione o l'acquisizione originaria del materiale.
Il secondo comma estende la medesima pena a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde al fine di recare danno alle persone rappresentate. È la condotta del terzo diffusore, che non ha creato né sottratto il materiale ma lo ha ottenuto da altri e lo diffonde con finalità lesiva.
Il terzo comma prevede un aumento di pena se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
Il quarto comma introduce un'ulteriore aggravante se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il quinto comma stabilisce che il delitto è punito a querela della persona offesa, con termine di sei mesi per la proposizione, salvo che il fatto sia connesso con altro delitto per il quale si debba procedere d'ufficio.
Gli elementi costitutivi
La configurabilità del reato richiede la sussistenza cumulativa di quattro elementi che devono essere analizzati singolarmente.
Primo elemento: il contenuto sessualmente esplicito.
La norma richiede che le immagini o i video abbiano contenuto sessualmente esplicito. La giurisprudenza, ancora in fase di consolidamento stante la recente introduzione della fattispecie, ha fornito alcune indicazioni interpretative.
Per contenuto sessualmente esplicito si intende la rappresentazione di nudità totale o parziale in contesto sessuale, di atti sessuali, di situazioni che attengano in modo inequivoco alla sfera sessuale della persona. Non è sufficiente una generica intimità: occorre una connotazione sessuale.
Tuttavia, la rappresentazione di una persona completamente nuda in un ambiente intimo come la camera da letto rientra pacificamente nella nozione. La nudità integrale, in un contesto privato e non giustificato da finalità artistiche, mediche o sportive, possiede intrinsecamente una dimensione sessuale che la norma intende proteggere.
Nel caso Signorini, se le fotografie ritraggono effettivamente il denunciante nudo sul letto, il requisito del contenuto sessualmente esplicito appare integrato.
Secondo elemento: la destinazione alla riservatezza.
Le immagini devono essere state originariamente destinate a rimanere private. Questo requisito esclude dall'ambito applicativo della norma le immagini create per la diffusione pubblica o già rese pubbliche dalla persona ritratta.
La destinazione alla riservatezza si presume quando il materiale è stato realizzato in un contesto intimo. La giurisprudenza ha affermato che tale natura può essere desunta dalle circostanze oggettive: il luogo di realizzazione (ambiente privato), l'assenza di terzi, la natura del contenuto, la mancata previa diffusione.
Fotografie di nudo scattate in una camera da letto sono, per definizione, destinate alla riservatezza. Chi si lascia ritrarre nudo in un contesto intimo non acconsente per ciò stesso alla pubblicazione. La destinazione privata è insita nella natura del materiale.
Nel caso di specie, non risulta che le immagini fossero mai state rese pubbliche da Signorini né che vi fosse alcuna intenzione di diffusione. Il requisito appare integrato.
Terzo elemento: l'assenza di consenso.
La diffusione deve avvenire senza il consenso della persona rappresentata. La norma è chiara nel distinguere il consenso alla realizzazione dal consenso alla diffusione: solo il secondo è rilevante ai fini della tipicità.
Chi acconsente a essere fotografato nudo non acconsente alla pubblicazione delle immagini. Il consenso alla creazione è un atto distinto dal consenso alla diffusione. Questa distinzione è fondamentale: relazioni intime spesso comportano la condivisione di momenti privati, ma tale condivisione non autorizza la successiva divulgazione.
La presentazione della denuncia da parte di Signorini costituisce manifestazione inequivocabile dell'assenza di consenso. Nessuno denuncia la diffusione di immagini che ha autorizzato. Il terzo elemento è integrato.
Quarto elemento: il dolo.
L'elemento soggettivo varia a seconda della condotta contestata.
Per la fattispecie del primo comma, è sufficiente il dolo generico: la consapevolezza della natura sessualmente esplicita del materiale, della sua destinazione alla riservatezza, dell'assenza di consenso, e la volontà di diffonderlo.
Per la fattispecie del secondo comma, è richiesto il dolo specifico: la diffusione deve avvenire al fine di recare danno alla persona rappresentata.
La qualificazione della condotta di Corona dipende da accertamenti fattuali che solo l'autorità giudiziaria può compiere. Se Corona ha personalmente realizzato le fotografie o le ha sottratte dal dispositivo di Signorini o di terzi, risponde ai sensi del primo comma con dolo generico. Se le ha ricevute da altri e le ha diffuse, risponde ai sensi del secondo comma, ma occorre provare il dolo specifico di danno.
Il contesto della diffusione può costituire elemento indiziario del fine di danno. La pubblicazione di immagini intime nell'ambito di un format che ha assunto toni accusatori e polemici, con l'evidente finalità di colpire la reputazione e l'immagine pubblica di Signorini, può essere valutata come indicativa dell'intento lesivo. Ma la prova del dolo specifico resta oggetto di accertamento processuale.
Le aggravanti
Nel caso Corona-Signorini, due aggravanti appaiono configurabili.
L'aggravante dell'utilizzo di strumenti informatici o telematici è certamente integrata. La diffusione è avvenuta tramite piattaforma digitale accessibile via internet. La giurisprudenza non ha dubbi: la pubblicazione online integra l'aggravante del terzo comma.
L'aggravante della relazione affettiva potrebbe rilevare se tra Corona e Signorini vi fosse stata una relazione sentimentale o comunque affettiva. Questo aspetto non è noto pubblicamente. Se emergesse una pregressa relazione, l'aggravante determinerebbe un ulteriore aumento di pena, configurando il caso come revenge porn in senso stretto, cioè come vendetta nell'ambito di una relazione conclusa.
Il quadro sanzionatorio
La pena base per il revenge porn è la reclusione da uno a sei anni, oltre alla multa da 5.000 a 15.000 euro. L'aggravante telematica comporta un aumento di pena. In caso di concorso di aggravanti, la pena può essere ulteriormente aumentata.
Inoltre, l'articolo 612-ter prevede pene accessorie. La condanna comporta l'interdizione perpetua da qualsiasi incarico nelle scuole e da ogni ufficio o servizio in istituzioni frequentate prevalentemente da minori. Può essere disposta l'interdizione dai pubblici uffici e l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.
Il quadro sanzionatorio è severo, coerentemente con la gravità del fatto che la norma intende reprimere.
Parte Terza: La diffamazione aggravata
La fattispecie
L'articolo 595 del codice penale punisce la diffamazione, cioè l'offesa all'altrui reputazione comunicata a più persone in assenza dell'offeso.
Il primo comma prevede la pena della reclusione fino a un anno o della multa fino a 1.032 euro. Il secondo comma aumenta la pena fino a due anni o la multa fino a 2.065 euro se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato. Il terzo comma prevede la reclusione da sei mesi a tre anni o la multa non inferiore a 516 euro se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità.
La giurisprudenza ha chiarito che le piattaforme digitali, i social network, i siti internet, i format online rientrano nel concetto di mezzo di pubblicità ai sensi del terzo comma. La diffusione via internet integra l'aggravante.
Applicazione al caso
Nel format Falsissimo, Corona ha formulato affermazioni riguardanti Signorini. Ha ospitato interviste in cui terzi hanno rilasciato dichiarazioni su di lui. Ha mostrato presunte conversazioni. Ha costruito una narrazione accusatoria.
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