Dimissioni per fatti concludenti: quadro normativo
Come noto, la legge 13 dicembre 2024, n. 203 (c.d. Collegato Lavoro) ha introdotto, mediante l'art. 11, una nuova modalità di cessazione del rapporto di lavoro: le dimissioni per fatti concludenti. Tale novità ha preso corpo nell'art. 26, comma 7-bis, del D.Lgs. 151/2015, prevedendo di fatto che l'assenza ingiustificata del lavoratore protrattasi per un determinato periodo di tempo possa costituire una manifestazione tacita di volontà risolutiva del rapporto di lavoro, imputabile al lavoratore stesso.
Si tratta di un meccanismo alternativo al licenziamento che consente al datore di lavoro - in presenza di un'assenza prolungata e priva di giustificazione - di attivare una procedura semplificata che non rende più necessaria l'instaurare un procedimento disciplinare a carico del lavoro assente e consente di evitare la corresponsione del contributo NASpI, normalmente prevista in caso di licenziamento.
Secondo la nuova disciplina, in breve:
· il termine per ritenere configurata la cessazione del rapporto è quello previsto dal CCNL applicabile;
· in assenza di previsioni collettive, si applica il limite legale di 15 giorni di assenza ingiustificata (art. 19, L. 203/2024);
· è necessario inviare comunicazione all'Ispettorato territoriale e, successivamente, al Centro per l'Impiego;
· l'Ispettorato può attivare un accertamento entro 30 giorni, senza tuttavia poter disporre la ricostituzione del rapporto.
La circolare ministeriale n. 6 del 27 marzo 2025
Con la circolare n. 6 del 2025, il Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni operative, chiarendo l'ambito applicativo dell'istituto e, in particolare, interpretando il termine minimo di 15 giorni come inderogabile in peius.
Secondo il Ministero, le clausole dei contratti collettivi che prevedono soglie inferiori (es. 3 o 4 giorni) per la qualificazione dell'assenza come giustificato motivo di licenziamento non possono essere automaticamente traslate al nuovo istituto delle dimissioni di fatto.
Il Ministero, infatti, indica che occorre mantenere una distinzione netta tra le seguenti fattispecie:
· licenziamento disciplinare (che presuppone la valutazione di merito e l'onstaurazione di un procedimento disciplinare ex art. 7 St. lav.), che richiede l'assenza ingiustificata per almeno un determinato numero di giorni di lavoro;
· dimissioni per fatti concludenti, che si fondano sulla presunzione legale di volontà del lavoratore, e richiedono un termine pari o superiori a 15 giorni.
La sentenza del Tribunale di Trento n. 87/2025
La sentenza del Tribunale di Trento (n. 87 del 5 giugno 2025 sotto allegata) rappresenta uno dei primi interventi giurisprudenziali sulla nuova disciplina delle dimissioni per fatti concludenti. Il caso riguardava una lavoratrice assente ingiustificata dal 7 gennaio 2025, che il datore di lavoro aveva ritenuto dimissionaria già il 13 gennaio, facendo leva sulla previsione del CCNL Terziario (4 giorni di assenza ingiustificata per procedere al licenziamento) e trasmettendo la comunicazione ai sensi dell'art. 19 L. 203/2024.
Il Tribunale ha però escluso che potessero considerarsi utili, ai fini del computo del termine, le giornate di assenza anteriori al 12 gennaio, richiamando il principio del tempus regit actum e l'art. 11 delle preleggi. La nuova norma non è infatti qualificabile come disposizione procedurale, bensì sostanziale, poiché incide sulla qualificazione giuridica di una condotta e sugli effetti risolutivi del rapporto. Di conseguenza, ha ritenuto che solo le assenze successive all'entrata in vigore della norma potessero assumere rilievo ai fini della fattispecie presuntiva.
Conseguentemente, il giudice ha qualificato la cessazione del rapporto come licenziamento orale e quindi inefficace, disponendo la reintegra della lavoratrice.
Tuttavia, il Tribunale - contrariamente alla lettura fornita dal Ministero nella circolare n. 6/2025, - ha ritenuto astrattamente applicabile alla fattispecie il termine di 4 giorni previsto dal contratto collettivo: il Giudice ha infatti ritenuto che la volontà del legislatore di rinviare ai contratti collettivi implica che questi ultimi possano fissare termini anche inferiori a quello legale.
Il riferimento alla contrattazione collettiva non sarebbe, dunque, limitato alla possibilità di fissare termini più lunghi, bensì indicherebbe che la disciplina legale è sussidiaria e trova applicazione solo in mancanza di una specifica previsione contrattuale.
I chiarimenti del Ministero del Lavoro: FAQ e precisazioni
Alla sentenza trentina il Ministero ha di fatto replicato con una nuova FAQ pubblicata lo scorso 24 giugno su URP Online (link diretto), riaffermando la propria interpretazione.
In particolare, viene specificato che:
· il termine dei 15 giorni è da ritenersi inderogabile in peius anche in presenza di previsioni collettive differenti;
· i riferimenti ai CCNL contenuti nella norma vanno intesi nel senso che gli stessi dovranno prevedere uno specifico termine per le dimissioni per fatti concludenti, diverso da quello per il licenziamento, e comunque non inferiore a quello legale;
· il legislatore ha voluto un termine più esteso proprio per evitare che assenze brevi, seppur ingiustificate, producano conseguenze così gravi in assenza di diritto di difesa per il lavoratore.
Il Ministero, in sostanza, ha ribadito che la finalità dell'istituto non è quella di automatizzare il recesso, ma di agevolare la gestione di abbandoni prolungati del posto di lavoro, nel rispetto delle garanzie sostanziali.
Considerazioni conclusive
Il contrasto tra la posizione ministeriale e quella giurisprudenziale apre uno scenario di incertezza applicativa. La posizione del Tribunale di Trento, favorevole all'interpretazione letterale e sistematica del rinvio al CCNL, privilegia la specificità della fonte pattizia. Il Ministero, invece, propende per un'interpretazione sistemica e prudente, volta a contenere gli abusi e ridurre il contenzioso.
La distinzione tra licenziamento (con garanzie procedurali e forma scritta) e dimissioni di fatto (presunte ex lege) impone una riflessione: una presunzione legale di dimissioni non può fondarsi su periodi brevissimi di assenza, pena una elusione delle tutele sostanziali del lavoratore.
L'auspicio è che una pronuncia nomofilattica della Corte di Cassazione chiarisca definitivamente la portata del rinvio alla contrattazione collettiva, evitando soluzioni disomogenee e conflittuali tra fonti.
Scarica pdf Trib. Trento 87/2025Avv. Francesco Chinni
Avv. Sergio Di Dato
Studio Legale Chinni
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