Il Tribunale di Firenze, chiamato a pronunciarsi sul risarcimento del danno, con sentenza del 21 aprile 2025 ha condannato la vicina a pagare la somma di 10.000 euro

Il caso

La vicenda nasce da un ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c. con cui la Parte lamentava l'esistenza di rumori molesti provenienti dall'appartamento soprastante, conclusosi con provvedimento del 26.3.2021 contenente l'ordine "di collocare sui pavimenti delle stanze (camera da letto, ingresso, bagno e cucina)" dei tappeti a pelo lungo e/o moquettes al fine di far cessare le immissioni stesse.

La CTU fonometrica che era stata espletata aveva accertato che le immissioni di rumore, da calpestio e da caduta di oggetti sul pavimento, si trasmettevano attraverso il solaio e divenivano eventi di rumore impattivo e disturbante. La Signora non ottemperò all'ordine giudiziale, in quanto era stato verificato che nella stanza da bagno era stato disteso un tappeto di canniccio/legno che, invece di attutire i rumori, li amplificava; la cucina e l'ingresso erano privi di tappeti e che quelli distesi nelle restanti parti dell'appartamento non coprivano le superfici dalle quali si propagavano i rumori.

Agiva, perciò, in giudizio l'Attrice per il risarcimento dei danni lamentando che era stata la condotta della vicina a causare le immissioni che hanno fortemente inciso sul suo benessere psico-fisico e, quindi, sulla sua salute. In particolare, deduceva che la Controparte aveva effettuato dei lavori edili nel settembre del 2018 incollando un nuovo pavimento di gres porcellanato sul preesistente, il quale aveva provocato un'eccessiva propagazione del rumore nel suo ambiente domestico, e che l'intera struttura dell'edificio non fosse conforme alle normative vigenti in materia di tutela dalle immissioni di rumore perché costruito precedentemente al 1997, chiedendo la condanna ad €. 26.102,00, per aver sviluppato un quadro psicopatologico reattivo con diagnosi di Disturbo d'ansia generalizzato, con umore disforico, documentato e diagnostico dal medico legale.

Le motivazioni

Nel costituirsi in giudizio, la Controparte sosteneva di aver adempiuto alle disposizioni, tant'è che lo stesso ufficiale giudiziario (accedendo nella sua abitazione) aveva accertato che aveva "già provveduto a coprire la quasi totalità del pavimento della sua abitazione con nr. 17 tappeti di vario genere e spessore" e rilevando come l'intero edificio risulti "carente strutturalmente rispetto ai requisiti acustici attivi/passivi richiesti dal DPCM 5.12.1997", negando la sussistenza del nesso causale tra i comportamenti denunciati e il danno lamentato.

Le motivazioni richiamano la CTU che aveva accertato nel giudizio cautelare che il rumore da calpestio era pari a 80 dB esuperava il limite di 63 dB fissato dal DPCM 05/12/1997, così proseguendo: "le immissioni rumorose possono essere attutite o attenuate o comunque ricondotte sotto il limite dei 63 decibel, che risulta essere il limite oltre il quale l'immissione di rumore diviene "intollerabile" secondo l'accezione dell'art. 844 c.c., proprio mediante l'adozione dell'accorgimento suggerito. La C.T.U. ha rilevato rumori di calpestio e da caduta oggetti superiori ai limiti consentiti per legge e quindi di per sé intollerabili, specie se si considera che le misurazioni sono state eseguite anche di notte, per cui le immissioni si connotano come intense e frequenti.".

Del resto, il citato articolo "vieta tutti i rumori superiori alla normale tollerabilità; essa è norma che costituisce una pietra angolare perché individua l'equilibrio tra il diritto del singolo a non subire interferenze nell'esercizio dei propri diritti soggettivi e le regole di pacifica convivenza e solidarietà sociale. In materia di immissioni, il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive configura, senz'altro, un illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà del vicino - ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi - devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili ex art. 844 c.c. e, pertanto, sono illecite anche sotto il profilo civilistico".

Conclusioni

La pronuncia esclude il riconoscimento del danno alla qualità della vita domestica sostenuto dall'Attrice sulla scorta che la situazione non le avrebbe permesso di attendere alle normali mansioni della vita e di godere della propria abitazione, subendo disagi e sofferenze, argomentando, da un lato, che secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, l'accertata esposizione ad immissioni rumorose intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni, e, dall'altro, che il danno non patrimoniale non può ritenersi sussistente in re ipsa. Da tali premesse, "ne consegue che il danneggiato è tenuto a provare di aver subito un effettivo pregiudizio in termini di disagi sofferti in dipendenza della difficile vivibilità della casa", e, poiché nulla è stato allegato a tal riguardo, non può essere disposta alcuna liquidazione.

Diversamente, per il danno biologico, essendo stata disposta una CTU medico legale che ha accertato come la rumorosità dell'ambiente in cui l'attrice ha vissuto le ha effettivamente compromesso lo stato di salute. Nello specifico, la documentazione in atti ha consentito di ritenere dimostrato sintomi riferibili alla cronicizzazione del disturbo tipico dello stress prolungato, dovuto alla rottura di una armonia preesistente che ha causato uno stato ansiogeno rappresentato dalla ruminazione ideativa legata alla sofferenza ed al battersi per un diritto che vede leso, dalle alterazioni del ritmo sonno veglia e da un atteggiamento di fondo verso la vita improntato a pessimismo e a preoccupazione per il futuro, incidendo sulla tranquillità e il riposo.

A fronte della valutazione del rapporto cronologico tra eventi ed insorgenza del quadro clinico, del tutto assente precedentemente, e delle caratteristiche di adeguatezza qualitativa e quantitativa fra i fatti ed il quadro ansioso subentrato, e considerati gli ulteriori indici di personalizzazione del danno, viene riconosciuta la somma di €. 10.236 per il danno alla salute.

Scarica pdf sentenza Trib. Firenze 21.4.2025

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