Per contrastare il sovraffollamento, la liberazione anticipata speciale è l'unica proposta di legge concretamente discussa in sede parlamentare. Eppure, la sua approvazione procede a rilento

L'attuale situazione carceraria e l'urgenza di intervenire

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Il sovraffollamento è ormai una condizione strutturale del sistema penitenziario, che travolge i diritti fondamentali dei detenuti e la funzione costituzionale della pena.

La dimensione del problema era stata messa in luce dalla Corte europea, che, con una celebre sentenza (Corte EDU, Sez. II, 8 gennaio 2013, Torreggiani e altri c. Italia), aveva condannato l'Italia per violazione sistematica dell'art. 3 CEDU, qualificando le condizioni dei detenuti come trattamenti inumani e degradanti. In particolare, la Corte aveva posto l'enfasi sull'incapacità di garantire a ciascun detenuto uno spazio vitale di almeno 3 m², ineludibile riflesso del sovraffollamento carcerario che, in quel momento, aveva raggiunto il tasso del 148%.

Di qui, il legislatore era stato costretto a provvedere al rapido decongestionamento carcerario. Tuttavia, gli interventi adottati sono stati altrettanto rapidamente sterilizzati dall'espansione di politiche penali particolarmente punitive, che hanno innescato un inarrestabile aumento della popolazione detenuta.
Il risultato è che oggi il sovraffollamento si avvicina ai livelli che portarono al biasimo europeo, invero già superati in alcune carceri. Ad acuire l'allarme, inoltre, è il drammatico numero dei suicidi inframurari, che ha già registrato cifre record nei primi tre mesi del 2024.

In tale contesto, componenti della magistratura e dell'avvocatura sollecitano l'adozione di provvedimenti di clemenza o, quantomeno, la celere approvazione delle proposte di legge che tuttora giacciono in parlamento. In effetti, si deve dare atto di una certa inerzia politica nell'adottare misure in grado di arginare l'emergenza carceraria, ancorché già sperimentate nel recente passato.

La proposta di legge "Giachetti" in materia di liberazione anticipata speciale

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Al momento, vi è una sola proposta di legge che è oggetto di concreta discussione parlamentare, sottoposta ad esame in Commissione Giustizia a partire dal 14 febbraio 2024. Il riferimento è alla c.d. "proposta Giachetti" (A.C. n. 552), elaborata con la collaborazione dell'associazione "Nessuno tocchi Caino", recante "Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di concessione della liberazione anticipata, e disposizioni temporanee concernenti la sua applicazione". Il testo di legge, dedicato alla c.d. liberazione anticipata speciale, riprende e amplia la proposta presentata dal medesimo deputato il 7 settembre 2020 (A.C. n. 2650).

Come noto, la liberazione anticipata consiste in uno sconto di pena concesso al condannato per il comportamento tenuto durante la detenzione. Più precisamente, l'art. 54, co. 1, dell'Ordinamento penitenziario prevede: "Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare".
L'odierna proposta di legge mira ad aumentare stabilmente a sessanta giorni la detrazione di pena per ogni semestre di detenzione; per i due anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, invece, la detrazione verrebbe aumentata a settantacinque giorni. L'incremento della detrazione considera i semestri di pena in corso di espiazione alla data del 1° gennaio 2016.
Ad ogni buon conto, preso atto del crescente sovraffollamento e del lavoro già gravoso dei tribunali di sorveglianza, si sollecita il riconoscimento automatico del supplemento premiale, ricorrendo al magistrato di sorveglianza solo nel caso in cui la direzione dell'istituto di pena segnali, con relazione motivata, la condotta negativa del detenuto. E' proprio intorno all'attuabilità di questo automatismo che si sta concentrando il dibattito parlamentare, nel tentativo di scongiurare un eccessivo aggravio di responsabilità in capo ai direttori degli istituti penitenziari. Tuttavia, non sembra potersi prescindere da un qualche meccanismo di automaticità nella concessione del beneficio, pena la fatale esacerbazione delle condizioni detentive.

Le ragioni alla base della proposta di legge

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La liberazione anticipata speciale, così come congegnata nella proposta Giachetti, trova un duplice fondamento.
In primo luogo, come espressamente indicato nella presentazione della legge, l'estensione della premialità funge da necessario ristoro per la persona detenuta che "ha, in ultima analisi, espiato una pena diversa e più grave e afflittiva di quella ordinaria". Al riguardo, si tiene conto della progressiva compressione dei diritti fondamentali derivante dal sovraffollamento, ma anche delle ulteriori restrizioni importate dall'emergenza Covid segnatamente alla sospensione delle attività trattamentali e ricreative nonché di ogni colloquio in presenza. Ne risulta una situazione detentiva che sostanzia quei trattamenti contrari al senso di umanità aborriti dall'art. 27, comma 3, Cost. e già censurati dalla giurisprudenza europea. E' la stessa Corte europea, peraltro, ad avere individuato la riduzione del trattamento sanzionatorio - la «mitigation of sentence» richiamata, tra le altre, in Corte EDU, sentenza 2 novembre 2010, Sakhnovskiy c. Russia - tra le misure che possono concorrere a ristorare la violazione dei diritti fondamentali della persona.

Sotto diverso profilo, la proposta di legge valorizza il principio rieducativo poiché, da un lato, premia i soggetti già ritenuti meritevoli con la liberazione anticipata o con un ulteriore sconto di pena e, dall'altro, incentiva la futura partecipazione a percorsi rieducativi mediante una detrazione più consistente di quella finora prevista. Viceversa, attualmente la finalità rieducativa della pena è del tutto frustrata dal sovraffollamento, il quale preclude in radice la possibilità di delineare percorsi rieducativi individualizzati.
Ad ogni modo, è evidente - anche agli stessi proponenti - che la liberazione anticipata speciale non risolverebbe in via duratura il problema del sovraffollamento carcerario, una meta raggiungibile solo mediante una riforma complessiva del sistema penitenziario o un ripensamento delle retoriche securitarie oggi dominanti.

La sentenza Torreggiani e il precedente del 2013

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Nella sentenza pilota richiamata in apertura, la Corte europea invitava l'Italia a introdurre rimedi volti a scongiurare il sovraffollamento carcerario e a riparare la violazione dei diritti dei detenuti. Tra gli interventi adottati nel periodo immediatamente successivo alla condanna, si segnalano l'istituzione del "Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale", il riconoscimento ai detenuti di un effettivo diritto di reclamo ex artt. 35 e 35-bis ord. penit., l'introduzione del rimedio risarcitorio ex art. 35-ter ord. penit. relativo alla violazione dell'art. 3 CEDU, il potenziamento delle misure alternative alla detenzione ex artt. 47 ss. ord. penit., l'irrigidimento dei presupposti applicativi della custodia cautelare in carcere.

Per quanto qui di interesse, veniva altresì disposta una forma speciale di liberazione anticipata, estendendo a settantacinque giorni il parametro temporale indicato all'art. 54 ord. penit. L'art. 4, co. 1, del D.L. 23 dicembre 2013 n. 146, recante "Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria", ha infatti previsto: "Per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata prevista dall'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 è pari a settantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata". L'estensione della premialità considerava i semestri di detenzione decorrenti dal 1° gennaio 2010, un dies a quo riferibile al DPCM che, in data 13 gennaio 2010, aveva dichiarato "lo stato di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale". Ad ogni modo, ai fini della concessione del supplemento, si richiedeva l'accertamento della continua partecipazione del detenuto all'opera rieducativa nel corso dell'esecuzione della pena.
La successiva legge di conversione (L. 21 febbraio 2014 n. 10) aveva poi importato alcune limitazioni rispetto ai beneficiari della liberazione anticipata speciale, escludendo i condannati per taluno dei delitti di cui all'art. 4-bis ord. penit., soggetti per i quali, oltretutto, era già richiesto l'accertamento dell'ulteriore requisito di avere dato prova di "un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità". D'altra parte, come sottolineato da più voci, l'implicita natura compensativa del rimedio dovrebbe consentire di riconoscere la detrazione di pena a ogni detenuto che abbia comunque patito condizioni detentive inumani e degradanti, a prescindere dal reato commesso e dalla stessa partecipazione all'opera rieducativa.

Analogie e differenze tra la liberazione anticipata speciale del 2013 e del 2024

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A questo punto, è opportuno confrontare la liberazione anticipata speciale concessa a cavallo tra il 2013 e il 2014 con quella oggetto della odierna proposta di legge, anche al fine di meglio calibrare quest'ultima prima della sua definitiva - ed eventuale - approvazione.
Innanzitutto, si nota che in entrambi i casi l'estensione dello sconto di pena da quarantacinque a settantacinque giorni ha una durata biennale, decorrente dalla data di entrata in vigore della legge. Tuttavia, decorsi due anni, la proposta Giachetti, in ossequio al principio rieducativo, mira ad aumentare stabilmente a sessanta giorni la detrazione per ogni semestre di detenzione.
Va inoltre evidenziato che, nel 2013-2014, l'estensione temporale del beneficio si accompagnava a una riduzione della platea dei beneficiari rispetto a quelli indicati dall'art. 54 ord. penit., giacché venivano esclusi i condannati ammessi, in tutto o in parte, all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare. La liberazione anticipata speciale, infatti, si applicava soltanto ai soggetti che avessero scontato la pena interamente in carcere, a riprova della natura compensativa del beneficio rispetto al sovraffollamento carcerario. Viceversa, la proposta Giachetti avrebbe un ambito applicativo più ampio poiché, in linea con l'ultimo periodo dell'art. 54, comma 1, ord. penit., ai fini della concessione "è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare".

Inoltre, come si è notato in precedenza, l'odierna proposta di legge persegue il riconoscimento automatico del beneficio - salva segnalazione della direzione dell'istituto di pena - per velocizzare la deflazione carceraria e sopperire alle carenze di organico dei tribunali di sorveglianza. Nel 2013-2014, invece, non venivano previsti automatismi, richiedendo di accertare che il condannato avesse continuato a partecipare all'opera di rieducazione anche successivamente alla concessione del beneficio.
Dall'altro lato, però, l'intervento del 2013 risulta più efficiente poiché la misura è stata adottata con un decreto-legge. Sebbene tale circostanza sia stata fomentata dai termini fissati dalla Corte europea per intervenire sulle condizioni detentive, essa ha indubbiamente consentito di accelerare l'iter di deflazione carceraria senza aspettare le necessarie lungaggini che contrassegnano la discussione parlamentare, al più rinviate in sede di conversione (ove, in effetti, erano state previste le richiamate esclusioni dal beneficio per taluni condannati).

L'altra proposta di legge depositata in Parlamento

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A margine, va menzionata una proposta di legge (A.C. n. 1064) che parimenti giace in Parlamento, presentata il 30 marzo 2023 su iniziativa dei deputati Magi, Dori, Gianassi, Serracchiani e Zanella. Essa mira ad istituire le cc.dd. Case territoriali di reinserimento sociale, ossia "strutture di dimensioni limitate, di capienza compresa tra cinque e quindici persone, destinate ad accogliere i soggetti che debbono espiare una pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché i detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno e i condannati ammessi al regime di semilibertà".
Anche in tal caso, la deflazione carceraria va di pari passo con la valorizzazione del principio rieducativo, giacché la capienza ridotta delle strutture risulta funzionale a delineare percorsi trattamentali individualizzati. Ciò nondimeno, benché utile all'affrancamento dalle prevalenti logiche carcerocentriche, la proposta di legge non risulta oggetto di concreta discussione parlamentare. Va peraltro ammesso che la sua attuazione resterebbe assoggettata a tempi piuttosto lunghi, in ragione del coinvolgimento di diversi soggetti istituzionali (il Ministro della giustizia e quello delle infrastrutture e trasporti, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nonché i sindaci dei Comuni interessati).

Considerazioni finali

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L'attuale situazione di sovraffollamento carcerario è il portato di una politica criminale che, attraverso la sistematica introduzione di nuovi reati e inasprimenti sanzionatori, ha consacrato un sistema punitivo carcerocentrico. Non è un caso che la soluzione che sembra trovare maggiore consenso politico non persegue il decongestionamento della popolazione detenuta, bensì la costruzione di nuove carceri. Gli interventi di edilizia penitenziaria sarebbero invero decisivi soprattutto in chiave risocializzante, poiché l'ammodernamento delle strutture consente di predisporre aree volte all'insegnamento di attività lavorative spendibili al momento della scarcerazione. Tuttavia, essi non permettono di risolvere in tempi brevi l'attuale situazione detentiva. Senza contare che tali accorgimenti diverrebbero del tutto inefficaci laddove, come intuibile, le nuove strutture venissero immediatamente riempite in forza di un'ulteriore stretta securitaria.
Nel consolidato panorama politico, inoltre, restano altrettanto impraticabili l'adozione di un provvedimento di clemenza collettiva - comunque ostacolata dalle rigorose maggioranze parlamentari fissate dall'art. 79 Cost. - o una rilevante depenalizzazione.
Ciò nondimeno, la necessità di intervenire sul sovraffollamento defluisce quantomeno dall'opportunismo politico di evitare una nuova, avvilente, condanna europea. In quest'ottica, una delle poche soluzioni realisticamente percorribili è la suddetta liberazione anticipata speciale. In tal modo, si consentirebbe di decongestionare temporaneamente le carceri nell'attesa, probabilmente vana, di attuare riforme penitenziarie ad ampio raggio o di aumentare le risorse dei tribunali di sorveglianza. Ad oggi, infatti, questi ultimi faticano ad evadere le ordinarie istanze di liberazione anticipata, con inevitabili ricadute sulla possibilità di accedere alle misure alternative qualora si raggiunga una certa soglia di pena residua. Risulta perciò vitale accordarsi su una qualche forma di automatismo nella concessione del beneficio, così da evitare un esiziale peggioramento delle condizioni carcerarie e il definitivo ingolfamento dei tribunali di sorveglianza.
Per le medesime ragioni, sarebbe preferibile procedere nelle forme della decretazione d'urgenza, come avvenuto nel 2013 o agli albori dell'emergenza Covid, quando il D.L. 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. "Cura Italia") aveva ammesso, per alcune categorie di detenuti, la detenzione domiciliare in luogo del carcere per scongiurare un'esplosione inframuraria del contagio. Peraltro, in controtendenza rispetto alla prassi degli ultimi anni, sarebbe un decreto-legge realmente fondato sui presupposti di necessità e urgenza richiesti dalla Costituzione.


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