La Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla ex moglie abituata ad una vita lussuosa ha ribadito la funzione assistenziale, equilibratrice e perequativo-compensativa di tale strumento

Lo stile di vita durante e dopo il matrimonio

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Nella vicenda, con sentenza emessa il 13.04.2022 su appello dell'ex marito, la Corte di Appello di Bologna, nel confermare gli esiti cui era giunto il Giudice di prime cure, si è pronunciata sui rapporti economici e familiari che gli ex coniugi, protagonisti della vicenda giudiziaria in esame, erano tenuti a rispettare a seguito ed in ragione dell'avvenuto divorzio. Nell'ambito di tali statuizioni, è stato in particolare confermato l'importo dell'assegno divorzile di euro 600 che l'ex marito era tenuto a versare mensilmente in favore della ex moglie.

Invero, la Corte d'Appello, in applicazione degli elementi di cui all'art. 5 comma 6 della Legge 898/1970, ha riconosciuto natura composita all'assegno divorzile, tenendo in considerazione le condizioni economiche dei coniugi (profilo assistenziale dell'assegno) ed il contributo personale ed economico fornito da ciascun coniuge alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascun coniuge (profilo compensativo dell'assegno), anche alla luce della durata del vincolo matrimoniale e dell'età anagrafica dell'avente diritto (sul punto si veda Cass. Ss.uu. n. 18287/2018).

Profilo assistenziale e compensativo dell'assegno

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Per quanto, in particolare, attiene il profilo assistenziale, la Corte ha messo in luce che risultava evidente la sproporzione reddituale tra i coniugi, non avendo l'ex moglie alcuna fonte reddituale o patrimoniale, mentre l'ex marito disponeva di elevate risorse economiche, come poteva desumersi dalle sue ultime dichiarazioni dei redditi.

Per quanto invece attiene il profilo compensativo, il Giudice di secondo grado ha evidenziato che, pur non potendosi affermare, come invece aveva fatto l'appellata nel giudizio di primo grado, che l'ex moglie avesse contribuito alla formazione del patrimonio familiare, considerata la breve durata del vincolo matrimoniale (solo 5 anni), poteva la contrario ritenersi provato che ella avesse, in accordo con il marito, cessato la propria attività lavorative (di indossatrice, commerciante e P.R.) per dedicarsi unicamente al benessere della famiglia e del figlio.

Tenuto dunque conto delle elevatissime capacità reddituali dell'appellante e del lussuoso stile di vita che era stato offerto alla moglie durante il matrimonio (appartamenti, gioielli, donazioni in denaro, automobile ecc.), la Corte di Appello ha ritenuto congruo l'importo dell'assegno divorzile quantificato dal Giudice di prime cure, confermandone dunque l'entità.

La decisione della Cassazione

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Avverso la sentenza d'appello, l'ex marito proponeva ricorso in Cassazione, lamentando il mancato esame da parte del Giudice di merito, di alcuni fatti decisivi ai fini della decisione, nonché la violazione o falsa applicazione dell'art. 2729 c.c. e dell'art. 5 legge 898/1970.

La Suprema Corte, con sentenza n. 30712/2023 (sotto allegata), esaminando i motivi d'impugnazione sotto il profilo strettamente processuale, ha ritenuto che gli stessi non potessero superare il vaglio d'ammissibilità e ha dunque respinto le doglianze del ricorrente, condannando lo stesso alla refusione delle spese legali in favore dell'ex moglie.

Nel respingere le contestazioni mosse dall'ex marito per i suddetti motivi, la Cassazione ha avuto, tuttavia, modo di precisare che, la Corte d'Appello aveva già valutato le circostanze portate all'attenzione della Corte, posto che "dallo stesso quantum dell'assegno divorzile (600,00 euro mensili), come espresso in sentenza, si comprende che la Corte abbia tenuto conto di tutti i fatti nuovamente citati da controparte, poiché, in caso contrario, l'importo dell'assegno sarebbe stato maggiore, soprattutto alla luce del divario economico esistente tra le parti, delle ingenti risorse del e dello stato di disoccupazione dell'(ex moglie)".

Il Giudice di legittimità, ha proseguito affermando che "può (..) ritenersi che la Corte D'Appello abbia, in realtà, correttamente applicato, motivandolo, l'art. 5 della I. 898/1970 e il carattere composito dell'assegno divorzile, il quale, invero, è stato fissato nell'ammontare "contenuto" di 600,00 euro (se raffrontato alle condizioni economiche delle parti), e ciò in ragione della corretta interpretazione della funzione assistenziale, ma anche equilibratrice e perequativo- compensativa che deve svolgere l'assegno stesso".

Scarica pdf Cass. n. 30712/2023

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