Il Consiglio Nazionale Forense chiarisce che tale potere spetta all'autorità giudiziaria e non opera nel procedimento disciplinare innanzi al Consiglio Distrettuale di Disciplina forense

Accompagnamento coattivo di un teste

L'accompagnamento coattivo di un teste all'udienza fissata per la sua escussione tramite la forza pubblica è un potere riservato alla Autorità Giudiziaria (art. 255 c.p.c. e art. 132 c.p.p.), sicché - in difetto di una specifica ed espressa previsione normativa - l'istituto non opera nel procedimento disciplinare innanzi al CDD, che ha natura amministrativa giustiziale e non giurisdizionale. E' quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 157/2023 (sotto allegata) resa nota in questi giorni.

Nella vicenda, il CNF è stato chiamato a decidere sul ricorso presentato da un legale avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Napoli con la quale è stata comminata la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per anni cinque.

Tra le altre doglianze, l'avvocato deduceva la nullità della decisione impugnata per violazione del diritto di difesa, per non avere il CDD disposto l'accompagnamento coattivo di un teste ammesso ma non presentatosi all'udienza fissata per la sua escussione.

Tuttavia, per il Consiglio anche tale motivo è infondato. L'accompagnamento coattivo, precisa infatti il CNF, "è un istituto previsto dall'art. 255 c.p.c. e dall'art. 132 c.p.p. e consiste nell'ordine emanato dall'autorità giudiziaria di condurre il testimone all'udienza fissata per la sua escussione tramite la forza pubblica. Si tratta di un potere che l'ordinamento attribuisce alla Autorità Giudiziaria, sicché, considerato che il procedimento disciplinare innanzi al CDD ha natura amministrativa giustiziale, non giurisdizionale, e che difetta alcuna specifica previsione normativa per il CDD, deve escludersi che l'organo disciplinare possa procedere a disporre l'accompagnamento coattivo di un teste".

A completamento della valutazione della doglianza, aggiunge il CNF, rigettando il ricorso, "in sede disciplinare opera il principio del libero convincimento, sicché il Giudice della deontologia ha ampio potere discrezionale nel valutare ammissibilità, rilevanza e conferenza delle prove dedotte.

Non può determinare la nullità della decisione la mancata audizione dei testi o la revoca del provvedimento di ammissione, quando risulti che il Consiglio stesso abbia ritenuto le testimonianze del tutto inutili o irrilevanti ai fini del giudizio, per essere già in possesso degli elementi sufficienti a determinare l'accertamento completo dei fatti da giudicare attraverso la valutazione delle risultanze acquisite" (tra le molte, CNF sentenze n. 70 del 23 maggio 2022 e n. 57 del 13 maggio 2022).

Scarica pdf CNF n. 157/2023

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