CNF: l'ignoranza della legge non scusa l'avvocato, che anzi deve essere in grado di conoscere e interpretare correttamente l'ordinamento giudiziario e forense

Illecito disciplinare: ignorantia legis non excusat

In tema di responsabilità disciplinare dell'avvocato, la «coscienza e volontà delle azioni o omissioni» di cui all'art. 4 del nuovo Codice Deontologico consistono nel dominio anche solo potenziale dell'azione o omissione, che possa essere impedita con uno sforzo del volere e sia quindi attribuibile alla volontà del soggetto. Il che fonda la presunzione di colpa per l'atto sconveniente o addirittura vietato a carico di chi lo abbia commesso, lasciando a costui l'onere di provare di aver agito senza colpa. "Sicché l'agente resta scriminato solo se vi sia errore inevitabile, cioè non superabile con l'uso della normale diligenza, oppure se intervengano cause esterne che escludono l'attribuzione psichica della condotta al soggetto. Ne deriva che non possa parlarsi d'imperizia incolpevole ove si tratti di professionista legale e quindi in grado di conoscere e interpretare correttamente l'ordinamento giudiziario e forense". Così il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 242/2022, pubblicata il 30 aprile 2023 sul sito del codice deontologico (sotto allegata), in risposta al ricorso presentato da un avvocato avverso la decisione del CDD di Ancona che gli aveva comminato la sanzione disciplinare della censura. Nello specifico, al legale veniva contestato di "aver rappresentato e difeso alcune società davanti al Consiglio di Stato redigendo e sottoscrivendo atti di appello avverso decisioni del TAR Marche nell'anno 2011 senza abilitazione al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori".

L'agente "resta scriminato solo se vi sia errore inevitabile, cioè non superabile con l'uso della normale diligenza […] ne deriva che non possa parlarsi di imperizia incolpevole ove si tratti di professionista legale e quindi in grado di conoscere ed interpretare correttamente l'ordinamento giuridico e forense" (cit. Cass. Sez. Un., sent n. 18460 del 12 luglio 2018)" ha precisato il CNF, aggiungendo infine, che "la giovane età dell'incolpato di sicuro non è motivo valido per sostenere l'ipotesi di errore scusabile".

Da qui il rigetto del ricorso.

Scarica pdf CNF n. 242/2022

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