Notifica cartella esattoriale da pec non presente in pubblici registri: l'orientamento dei giudici di merito e della Cassazione

Notifica cartella da pec non risultante in pubblici elenchi

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La notifica effettuata dall'Agenzia delle entrate riscossione da un indirizzo pec non risultante da pubblici elenchi, non può che ritenersi viziata da nullità insanabile (inesistenza). Questo è quanto stabilito dal Giudice di pace di Termoli con la sentenza n. 178/2022.

La vicenda

Una Srl proponeva opposizione avverso una cartella di pagamento emessa dall'agenzia delle entrate riscossione, provincia di Campobasso, sostenendo l'inesistenza della notifica avvenuta a mezzo pec da un indirizzo non ritualmente registrato nei pubblici registri.

Notifica nulla o inesistente

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In tema di notifica a mezzo pec, l'art. 26 d.p.r. n.602/1973 e l'art. 16-ter d.l. n. 179/2012, convertito in L. n. 221/2012 prevedono che "a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli artt. 4 e 16, comma 12, del presente decreto, ovvero IPA, Reginde, Inipec.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, la notifica proveniente da un indirizzo non presente in uno dei pubblici registri è quindi da ritenersi nulla ovvero inesistente, per le notifiche a mezzo pec, infatti opera il principio della sanatoria della nullità solo se l'atto ha raggiunto il suo scopo, ex art. 156 comma 3 cpc, mentre la notifica inesistente non è sanabile (Cass. SS.UU. n. 7665/2016).

L'orientamento della giurisprudenza

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Sul tema vi è un orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito ormai consolidato secondo cui la notificazione via pec, per considerarsi valida, deve essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante che risulti da pubblici registri (Inipec, Reginde-ipa).

A tal proposito, la Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza interlocutoria n. 3093/2020 ha confermato il predetto principio, sostenendo che: "la notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi", precisando, altresì, che l'elencazione dei Pubblici Registri non è esclusiva, ma tassativa e fondata sulla pubblica riconducibilità dell'indirizzo al soggetto.

Specificamente , i giudici di legittimità, hanno posto in evidenza, come, in virtù di quanto disposto dall'art. 26, comma 5, del D.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di notifica della cartella di pagamento) e dall'art. 60 del D.P.R. n.600 del 1973 (in materia di notificazione dell'avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle suddette norme sulle notificazioni nel processo civile, ai sensi dell'art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994 n.53, la notificazione via pec, per considerarsi valida, deve essere eseguita esclusivamente ricorrendo ad indirizzi PEC risultanti da pubblici elenchi, con espressa indicazione dell'elenco da cui gli stessi indirizzi sono stati estratti, in virtù del combinato disposto dell'art. 3-bis, L.n.53/1994 e dell'art. 16-ter del DL 179/2012 (conv. Dalla legge 221/2012).

Nello stesso senso, i giudici di legittimità si sono espressi con l'ordinanza n. 17346/2019, con cui si è inteso stabilire che " L'art. 3-bis della legge n.53 del 1994 prevede che "la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi".

Ne consegue che, laddove la notifica venga eseguita mediante un indirizzo pec non risultante da pubblici elenchi, questa non potrà che ritenersi ab origine, non valida, in quanto tale, viziata da nullità insanabile (inesistenza).

Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale di legittimità e considerato che il ricorrente ha dato prova che l'indirizzo di posta elettronica certificata usato dall'agenzia delle entrate riscossione non risulta essere quello corrispondente a quello risultante dai pubblici registri, il giudice di pace ha accolto il ricorso condannando l'agenzia delle entrate riscossione alle spese di lite.

Avv. Gianpaolo Aprea

Vico Acitillo 160

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Foto: 123rf.com
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